28 Gennaio 2021
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Una recente indagine condotta per Save the Children da Ipsos, “I giovani ai tempi del Coronavirus”, ha analizzato opinioni, stati d’animo e aspettative di studenti tra i 14 e i 18 anni. Il quadro emerso è critico, sotto diversi aspetti. Dai dati raccolti, si stima che circa 34mila studenti delle scuole superiori, a causa delle assenze prolungate, rischiano di alimentare il fenomeno dell’abbandono scolastico. Per il 38% degli adolescenti la didattica a distanza è un’esperienza negativa. La principale difficoltà è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet. Quello passato è stato un “anno sprecato” per il 46% degli adolescenti che, però, costretti a vivere in un mondo di incontri solo virtuali, hanno riscoperto il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei. «In primavera ci dicevamo “andrà tutto bene”, ci siamo incoraggiati a vicenda, ora i ragazzi dicono che “non è andata bene per niente”, si sentono un po’ presi in giro dagli adulti». Dal suo osservatorio la dottoressa Serena Frattini – Pedagogista e coordinatrice di Servizi educativi ma anche mamma – si dice dispiaciuta di vedere adolescenti e giovani così ma non si rassegna: «È vero, non è andato tutto bene, ma cerchiamo di farci andare bene questo tempo, diamogli un senso. Non aspettiamo tempi migliori ridotti a non fare nulla, ciondolando da una stanza all’altra tra smartphone e pc, viviamolo come un momento di cambiamento, non una transizione in attesa di chissà cosa. Iniziamo ad abitare questo tempo anziché farlo scivolare così». Il cambiamento principale si è vissuto nel mondo della scuola, pensiamo all’ambito della didattica: «All’inizio – spiega la dottoressa Frattini – docenti ed educatori hanno vissuto un semplice “travaso” dalla cattedra allo schermo, non tutti avevano gli strumenti, il risultato è stato quello di una didattica “distante”. Ora si è evoluta, i docenti si sono formati e po’ va meglio grazie allo sforzo di renderla più interattiva con studenti più partecipi anziché passivi. All’inizio vedevo ragazzi stressati, hanno accettato ma avevano difficoltà. Gli alunni fragili poi si sono trovati da soli a gestire una didatticache li ha resi ancora più fragili. Nella secondafase, con la didattica integrata, va meglio ma dipende anche da scuola a scuola, alcune hanno lavorato sull’integrazione e l’inclusione, con piccoli gruppi che non escludessero o isolassero i più fragili. La scuola è più pronta ma molti adulti sono ancora confusi, “cosa avete fatto per noi?” chiedono i ragazzi. Aspettavano delle risposte che non sono arrivate». Un aspetto positivo: «Mentre prima i ragazzi erano passivi ora la reazione è importante, hanno uno spirito combattivo, dicono “cerchiamo di affrontare la realtà”, cerchiamo allora di vivere la scuola come socialità, condivisione, crescita, lo vogliono. Sono felice che scendano in piazza anziché restare nelle loro camere in attesa». Nel suo lavoro presso i Servizi educativi comunali le cose non vanno meglio: «In tanti arrivano depressi, per i ragazzi più fragili con meno risorse la difficoltà è stata maggiore, tanti con segnali preoccupanti, si stanno isolando, chiudendo. Un altro aspetto, i preadoescenti hanno dovuto accelerare l’uso di telefono e dei social ma sono strumenti che non sanno padroneggiare, per un dodicenne o un tredicenne c’è un abuso di tecnologia che non sanno gestire». Le prospettive per uscire migliori: «Aiutare a prendere consapevolezza, dare un senso, non è questo un tempo sospeso ma va vissuto, merita impegno, non passività. Anche il tempo vissuto a casa può essere occasione di maggiore di dialogo e confronto con i genitori. Certo gli adulti sono spaesati – riconosce la dottoressa Frattini – ma non esitare a chiedere aiuto, a rivolgersi ai servizi. Abbiamo vissuto un cambiamento di cui si è dovuta prendere coscienza. Ora occorre cogliere i segnali, essere pronti ad aprirsi al dialogo. Cambiamo tutti prospettiva – conclude –, viviamo questo tempo come opportunità». © riproduzione riservata Nella foto: la dottoressa Serena Frattini