15 Febbraio 2023
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Nuoro - Secondo i dati della Fnsi, sono almeno 5000 gli articoli dedicati nel 2022 alle cosiddette Baby gang. Tra gli episodi più noti nella cronaca recente, gli arresti cinque mesi fa a Milano di minorenni ad esse associati e famosi tra i followers perché rapper o trapper. Il giornalismo rispecchia le attività degli organi preposti alla sicurezza pubblica nell’intento di fermare quello che chiaramente è un fenomeno in crescita su tutto il Paese. Segnalazioni e interventi dove protagonisti sono adolescenti che colpiscono in branco, con la priorità di documentare attraverso i video registrati dagli smartphone le loro imprese e condividerli quasi compiaciuti nelle chat o piattaforme social.
È difficile dare una definizione chiara di questo fenomeno: la varietà delle bande giovanili non permette individuarne caratteriste univoche. Nonostante la rilevanza di questo problema, i contorni del concetto di «gang giovanile» rimangono spesso incerti, comprendono diverse manifestazioni e i tipi di gruppi sono molto differenti tra loro; in più si registra una mancanza di dati che permettano di monitorare in maniera sistematica la triste realtà e le sue caratteristiche. Transcrime, il centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con il Ministero dell’Interno e il Ministero della Giustizia, ne ha pubblicato una mappatura – reperibile sul web – intitolata Le gang giovanili in Italia. È uno studio molto articolato, fatto regione per regione, secondo un criterio temporale degli ultimi cinque anni. In linea di massima, si individuano quattro gruppi a seconda dei legami o meno con organizzazioni criminali nazionali oppure estere. Comunque si profila l’identikit di bande «composte da meno di 10 individui, prevalentemente maschi e con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni. I crimini che più spesso vengono attribuiti loro sono reati violenti, come risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici. […]. Meno frequenti e di solito commessi da gruppi più strutturati sono lo spaccio di stupefacenti o reati appropriativi come furti e rapine. Le vittime più frequenti di questi gruppi sono altri giovani tra i 14 e i 18 anni».Transcrime tenta anche di spiegare il perché. Alcuni dei fattori che influenzano i ragazzi e li spingono ad aderire a questi gruppi sono i «rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico; difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale; e un contesto di disagio sociale o economico». Anche il nostro settimanale diede voce a psicologi e pedagogisti nei mesi più critici della recente pandemia per spiegare come molti di questi fattori sono stati ulteriormente acuiti durante le chiusure del Covid 19.
Per quanto riguarda la Sardegna, si constata che la situazione non è preoccupante come nel nord Italia, ma di certo l’Isola non è esente dalla problematica.
A Nuoro, che di città sembra averne solo i problemi e non i servizi, ritorna sempre più spesso la denuncia di una invivibilità a causa dei “bulletti”. Manifestazioni di questo disagio hanno avuto come teatro specialmente il rione di Seuna, i Giardinetti, gli angoli bui dell’ex mercato civico. La questione, forse per un condizionamento del passato o un riflesso culturale, si camuffa sbrigativamente e comodamente nel concetto di «balentia», che tuttavia si ricollega alle cause sopra citate. Però, se all’interno di tale contesto, «quei bravi ragazzi» – per dirla alla Scorsese – che in tanti conosciamo “giocano” alle 22 in una strada abbastanza trafficata come quella di piazza Santa Maria della Neve con una pistola (si spera una scacciacani), lasciando sull’asfalto i bossoli delle munizioni a salve in cal. 9×21, bisogna accettare che urge preoccuparsi. Anzi, sembra già tardi per avviare un’analisi, iniziare una riflessione comune e capire quali strategie adottare.