31 Ottobre 2022
4' di lettura
Bitti - In occasione di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti si terrà a Bitti una particolare mostra dedicata ai rituali di morte e a “Sos Attittos”, volta ad illustrare il rapporto, nel passato, individuale e comunitario con la morte. È un’iniziativa curata dall’Associazione Sa Bitha, già nota per aver studiato e raccontato, attraverso visite guidate, l’aspetto culturale e tradizionale del paese di Bitti. L’iniziativa che avrà luogo il 31 ottobre, l’1 e il 2 novembre di quest’anno è parte di un lungo progetto nato dall’insieme di testimonianze raccolte negli anni e dalla lettura del libro di Francesca Pittalis Rituali di morte e canti di prefiche in Sardegna. Bitti.
Pietro Mannu, presidente dell’Associazione Sa Bitha e principale ideatore della mostra ne spiega la struttura, l’origine e lo scopo.
Qual è l’obiettivo principale della mostra?
«Come associazione, abbiamo scelto questo momento per dar voce, attraverso questo progetto, alle numerose testimonianze a cui abbiamo fatto riferimento, per dare origine ad un confronto con chi ha vissuto per lungo tempo una realtà in cui la morte era parte quotidiana della vita di tutti; speriamo, infatti, che i nostri visitatori siano sia giovani, per dar loro modo di conoscere una parte della loro identità che purtroppo non esiste più, sia adulti e anziani che possano dare un contributo attivo, attraverso le proprie osservazioni, all’intero progetto».
Come nasce l’idea di rappresentare visivamente il materiale che avete raccolto?
«Da tempo ci occupiamo di dare la possibilità, ai nostri compaesani e non, di rapportarsi direttamente con ciò che ci caratterizzava come sardi e come bittesi; dalle mostre del costume sardo in Autunno in Barbagia, che portiamo avanti ormai da diversi anni, al centenario della fine della Prima Guerra Mondiale. Ora è il momento di portare a compimento un progetto che parli di un aspetto tanto importante, come la morte, quanto “scomodo”».
Com’è strutturato il vostro lavoro?
«La mostra si terrà a “Sa Corte ‘e Banninu”, in cui ogni stanza è dedicata ad un momento preciso del rapporto con la morte. Il tutto inizia con “Sa Corfatura”, che consiste in un particolare episodio che avveniva in passato e in cui veniva predetta la morte ad una persona; questo poteva avvenire attraverso rumori di catene, che contrassegnavano la presenza di un’entità sovrannaturale, S’Erchitu, oppure attraverso le premonizioni delle “Ide-mortos”, donne che avevano una spiccata sensibilità che permetteva loro di comunicare con le anime dei defunti. Le altre stanze saranno dedicate all’esposizione di oggetti che riguardano, per l’appunto, tutta la fase rituale della morte, come “su Tùmalu”, i ceri che si accendevano in casa durante la veglia funebre; i visitatori avranno la possibilità di vedere anche alcune foto post-mortem, una consuetudine di epoca vittoriana e usanza di tutto l’Occidente di fine Ottocento e inizio Novecento. Non abbiamo tralasciato la vestizione a lutto o mezzo lutto, che è composta da varie fasi e i cui dettagli saranno spiegati durante la mostra. In sottofondo ci sarà “S’Attitu”, un canto rituale tipico della Sardegna, le cui origini sono da ricercare nella Grecia antica e nelle popolazioni dell’Italia del Sud e dei Balcani. Infine “S’Imborbita”, a cui si può partecipare attivamente, con preventiva prenotazione, e che consiste nell’apparecchiare la tavola, il giorno della Commemorazione dei Defunti o del Corpus Domini, per “Sas Animas”, le anime, che simbolicamente tornano nel regno terreno per consumare un pasto a loro gradito».
L’Associazione Sa Bitha ha colto l’opportunità di trasmettere, attraverso la raccolta e l’elaborazione di un materiale inestimabile, un passato tanto lontano quanto vicino, che è parte di un sentire identitario comune e che contribuisce a riavvicinarci a ciò che siamo stati e a pensare a ciò che saremo.