Cenni sull’ascesa e declino della mitica Atene sarda
di Francesco Mariani

24 Gennaio 2022

4' di lettura

Un tempo era Nuoro a risucchiare gli abitanti dei paesi più o meno vicini. Nel capoluogo vi erano gli uffici pubblici, le scuole, i servizi sanitari e bancari, i luoghi di svago e sportivi. E Nuoro cresceva in forza delle assunzioni nel pubblico impiego. L’altro polmone economico e di richiamo era l’edilizia negli anni della tumultuosa crescita demografica ed urbanistica. Ma la città non aveva una sua base produttiva, un tessuto artigianale ed imprenditoriale solido ed innovativo. Si potrebbe dire che viveva di rendita di posizione. I nuoresi nativi cercavano il posto fisso, quelli inurbati la manovalanza, le attività artigiane e commerciali (bar, pizzerie, ristoranti, negozietti ecc). Poi i forti flussi migratori dai paesi e gli investimenti nel mattone si sono rivolti verso le zone costiere creando un effetto ciambella: svuotando il centro ed ingrossando la periferia. Nuoro ha iniziato essa stessa a perdere abitanti per svariati motivi. I lavori pubblici si erano notevolmente ridotti, l’edilizia aveva tirato i remi in barca (basti pensare alla scomparsa delle grandi imprese come Berardi o Bonaccorsi), il pubblico impiego era saturo, gli investimenti dei nuoresi miravano altrove (Cagliari, Sassari ed Olbia in primis), la disoccupazione cresceva, la classe politica si era penosamente immiserita. Iniziava soprattutto il fenomeno della denatalità che ha sì delle motivazioni economiche ma soprattutto culturali. Si faceva appello alle risorse identitarie ma si era assorbiti dai canoni del mercato e della modernità conformistica. Nuoro è stata dichiarata città turistica seppure non abbia le strutture idonee per l’accoglienza: anche per i pranzi di matrimonio si va fuori città. I paesi del circondario hanno messo in campo prodotti identitari molto apprezzati; il capoluogo non ha nessuno di questi e non riesce a valorizzare neanche il suo passato. Si accalora per le beghe politiche ma non ha il pragmatismo della politica. Un’amministrazione comunale costruisce e la successiva demolisce o interrompe; il dispetto personale ha preso il posto dell’affezione alla comunità. In questo contesto si inserisce l’attuale “crisi” dei servizi pubblici, universitari, sanitari ecc. Abbiamo più volte scritto che Nuoro è depredata e con lei le zone interne. Il Covid ha accentuato, non creato questo stato di abbandono e di isolamento. La logica dell’accentramento padronale permea la politica isolana da molto tempo ed accade spesso che le vittime ne siano complici. Al capoluogo barbaricino non viene riconosciuto neanche quello che gli spetta per diritto, figuriamoci per merito. Figuriamoci se Cagliari e Sassari sono contenti se il laboratorio Covid e di Ematologia del San Francesco venisse riconosciuto ufficialmente per le sue ricerche ed il suo lavoro. A Nuoro non ci hanno lasciato nulla di efficiente, neanche, tanto per dire, gli uffici della Motorizzazione Civile. Succede anche che un pensionato venga prenotato per controlli medici al poliambulatorio di Samugheo ed una ragazzina a quello di Guspini. Ma come ci arrivano? Questo interrogativo un tempo se lo poneva chi doveva venire a Nuoro da Lotzorai per un documento alla Camera di Commercio, oggi sono i nuoresi a domandarsi come raggiungere il centro designato per il rinnovo della patente, per una visita medica, per un consulto amministrativo. Da Cagliari e Sassari non ci si sposta, da Nuoro è un perenne pendolarismo. Se in città avesse sede effettiva (non semplicemente legale) un solo Assessorato Regionale potremmo anche dire che si tengano le tanto discusse fondazioni. © riproduzione riservata

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