Qualche spiraglio di verità sulla tragedia della Moby
di Redazione
21 Settembre 2022

La sera del 10 aprile 1991, al porto di Livorno, ci fu il più disastroso incidente della marineria italiana in tempo di pace: la collisione tra il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo. Le vittime furono 140, un solo sopravvissuto. Il traghetto aveva come destinazione Olbia. Gran parte delle vittime erano sarde.
Da trentuno anni ci si interroga sull’accaduto ed ora arrivano le clamorose conclusioni della seconda commissione parlamentare d’inchiesta: c’era una terza nave misteriosa in rada, e fu proprio per evitarla che il comandante del traghetto virò precipitosamente.
«Per evitare la collisione certa con questa terza nave – ha spiegato il presidente della commissione, Andrea Romano, Pd – la Moby Prince effettuò una manovra di emergenza che la portò a collidere con la petrolieraAgip Abruzzo, che si trovava in una zona dove non doveva trovarsi e che in base alle nostre indagini e valutazioni era invasa da una nube di vapore acqueo, provocata da una possibile avaria dei sistemi che producevano vapore. Insieme a questo era stata colpita da un black-out tale da renderla di fatto invisibile agli occhi della Moby Prince».
Finora avevano dato la colpa dell’incidente a una misteriosa nebbia e un inspiegabile errore del comandante.
Dopo 31 anni ci si basa ora su una perizia che apre nuovi scenari. «Purtroppo – dice Romano – non siamo in grado di identificare la terza nave, ma diamo due piste su cui eventualmente lavorerà chi vorrà farlo».
Una pista porta alla nave “21 October II”, un ex peschereccio battente bandiera somala, che sembra essere stato a Livorno per riparazioni dopo un incidente a Zanzibar. L’altra a una o più bettoline (imbarcazioni di piccole dimensioni che effettuano servizio di trasporto di merci o di liquidi verso navi più grandi in ambito portuale) a cui si fa riferimento nelle comunicazioni radio.
Speriamo non sia vero, ossia che il mistero della “Moby Prince” sia dentro un’attività criminale di traffici petroliferi legati alla grande petroliera dell’Ente di Stato.
A dispetto di quel che si disse agli inizi, la commissione parlamentare ha reso onore all’equipaggio, che fece il suo dovere fino in fondo, avendo «raccolto tutti i passeggeri nel salone». Un comportamento «di valore e coraggio straordinari. I membri dell’equipaggio, infatti, sono eroicamente rimasti ai posti assegnati, nel tentativo disperato di salvare i passeggeri con loro imbarcati».
E infatti quella sera morirono tutti, i 65 membri dell’equipaggio (si salvò solo un mozzo) assieme ai 75 passeggeri. L’Eni, invece, non ha brillato per collaborazione con il Parlamento. «Questa Commissione ritiene di biasimare – si legge – il comportamento di Eni, connotato di forte opacità».

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