Claudia Camarda
Consorzio “Satta”, aggiornamenti e garbuglio
di Franco Colomo

9 Agosto 2024

4' di lettura

Il 7 luglio scorso, su proposta della presidente, Alessandra Todde, d’intesa con l’assessora della Pubblica istruzione, beni culturali, informazione spettacolo e sport, Ilaria Portas e con l’assessore degli Enti locali, finanze e urbanistica, Francesco Spanedda, la giunta regionale ha nominato Giuseppe Carta nuovo commissario liquidatore del Consorzio per la pubblica lettura “Sebastiano Satta” di Nuoro e responsabile della costituzione della Fondazione per un periodo di sei mesi e, comunque, non oltre la data di costituzione della predetta Fondazione e di condizionare sospensivamente gli effetti della presente nomina alla positiva verifica, da parte della competente Direzione generale dei Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport, dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la nomina stessa.

Questa mattina, intanto, come ultimo atto del suo mandato, la commissaria uscente Claudia Camarda ha illustrato in una conferenza stampa il parere legale richiesto allo studio Rossi di Cagliari circa la riscossione e determinazione delle quote consortili.
La richiesta del parere era stata preannunciata in una precedente conferenza stampa (leggi qui), mentre i numeri sono quelli illustrati da Luca Mele in un precedente articolo del nostro settimanale (approfondisci).

In estrema sintesi il documento firmato dall’avvocato Antonello Rossi sostiene che «la legittimazione attiva, in sede di recupero crediti vantati dal Consorzio nei confronti degli enti consorziati spetterebbe, salvo abbagli, alla Regione Sardegna, salvo deleghe specifiche conferite al commissario liquidatore del Consorzio». Tutto ciò sulla scorta dell’articolo 18 della Legge regionale 10/2021 (che ha modificato l’articolo 29 comma 5 della Legge regionale 2 del 2016) secondo il quale «la Regione è succeduta ai rapporti attivi e passivi del Consorzio».

Sembrerebbe tutto chiarito, ma il condizionale usato dall’avvocato, salvo abbagli, rimane d’obbligo. Nel parere, argomentato su 27 pagine, si ricostruisce una vicenda talmente ingarbugliata da richiedere lo spazio di un approfondimento impossibile in sede di cronaca. Colpiscono però, di questo si può dare conto, le prese di posizione unilaterali e non corroborate da elementi concreti assunte di volta in volta da ciascuno degli attori in gioco. Condotta «apparentemente contraddittoria» – scrive Rossi – è stata anche quella del Consorzio.

Lo stesso avvocato non è riuscito a sciogliere alcuni nodi del garbuglio sottolineando «la difficoltà di ricostruire le singole tappe dell’evoluzione dei contributi consortili»; la difficoltà a ricostruire «l’effettivo ammontare del credito» vantato dal Consorzio; «i vizi riscontrabili nella formazione della volontà assembleare del Consorzio e la violazione delle norme di matrice statutaria in materia di definizione delle quote consortili».

L’impressione che ne deriva è che lo Statuto sia stato via via piegato dall’uno o dall’altro al proprio “interesse particolare”. La variazione dei contributi dovuti dagli enti consorziati ha nel tempo abbandonato il criterio determinato sulla base della popolazione residente nel territorio di riferimento trasformandosi in contributo sulla base di quote partecipative, ma ciò è avvenuto in difformità dagli accordi statutari.
Ancora, il Consorzio ha da una parte intimato al Comune il pagamento delle quote non corrisposte (pari a 1.036.610 €) ma ha anche cancellato residui attivi per ulteriori 1.888.975 €. Il Consorzio ha poi ricalcolato le quote modificandole in due successive comunicazioni. Inoltre sono stati applicati criteri di parametrazione differenti per la quantificazione delle quote di Comune e Provincia. Da ultimo gli atti di determinazione delle quote risultano adottati «in spregio a quanto previsto dall’articolo 20 dello Statuto» che recita: “Nella seduta il cui ordine del giorno prevede la determinazione delle quote a carico degli Enti aderenti partecipa con diritto di voto anche un rappresentate per ogni ente aderente”. Ciò, scrive l’avvocato, non risulta essere avvenuto.

Più che di un commissario liquidatore ci sarebbe bisogno di un commissario Ingravallo di gaddiana memoria: «Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo» (Quer pasticciaccio brutto de via Merulana 12-3).

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