29 Gennaio 2022
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Noi siamo i nostri ricordi. La memoria, diceva Agostino, è il nostro modo di trattenere nell’oggi ciò che accade. “L’attimo fuggente” del presente dura un istante e svanisce inesorabilmente nel nulla. Solo il ricordo di ciò che è stato ne perpetua l’esistenza, almeno dentro di noi. Da questo passato che non passa, dalla sua sedimentazione psicologica, germogliano sensazioni e sentimenti, l’amore e l’odio. Nell’omicidio di Tonino Corrias, compiuto ad Oliena, c’è la riproposizione di un rancore antico culminato in una sanguinosa vendetta. Un passato non emendato, depurato, anzi alimentato e covato in tutto il suo odio. La vendetta porta dentro se stessa la rabbia, il risentimento, il rancore, il dolore. Il soggetto che ha subito, o crede di aver subito, il torto ha bisogno di “pareggiare i conti” con colui che ritiene la causa della sua sofferenza, dell’ingiustizia. Ci si vendica per far provare al nemico la stessa sensazione, lo stesso dolore. Ma la vendetta, l’odio mantenuto vivo per lungo tempo, non ripaga il dolore patito, ci prende tutte le energie e non permette di vivere serenamente. La vendetta fa star male anche chi la mette in atto e quindi non si avrà nessuna riparazione o soddisfazione. Chi vi ricorre resta doppiamente colpito: la prima volta quando ha subito il sopruso, la seconda volta quando diventa esso stesso vittima della sua vendetta perché incapace di perdonare. La vendetta continua ad avere successo perché corrisponde a un istinto primordiale. Eppure, contrariamente al sentire comune, la vendetta non ristabilisce mai l’equilibrio. Il risultato più frequente è un crescendo di violenzeche ricadono anche su varie “vittime collaterali”.Questo perché la vendetta è raramente proporzionata al torto subito che, in genere, viene ingigantito ed avvertito come impagabile. Per scongiurare la vendetta occorre purificare la memoria personale e collettiva. Il rancore e l’odio sono come un torrente alluvionale che si porta appresso pietre, fango, scorie e detriti di ogni genere. Perché l’acqua scorra senza fare altri danni è necessaria la depurazione, la decantazione. Altrimenti questo torrente continua a devastare, si trasmette da una generazione all’altra, non conosce limiti, gioca ad un continuo rilancio, dimentica la sacralità della vita. Sì, la coscienza della sacralità della vita, anche per chi non è cristiano, è l’argine alla barbarie e alla vendetta. Per questo, nei nostri paesi, non bisogna mai stancarsi nella sfida educativa e culturale. Più si resta rinchiusi in orizzonti ristretti e meno si apprezza il valore della vita. La sana cultura insegna vie diverse dalla vendetta nel sostenere le proprie ragioni; aiuta a distinguere e ponderare il bene ed il male; sostiene le motivazioni della speranza. Il parroco di Oliena, ai funerali di Tonino Corrias ha detto che “l’odio è una pillola di veleno”. L’augurio è che nessuno la usi più. © riproduzione riservata Foto di Massimo Locci