Un momento dei lavori
Costruire il futuro con i migranti
di Franco Pisanu

13 Settembre 2022

2' di lettura

Alghero - Alghero ha ospitato dal 29 agosto al 2 settembre un corso di alta formazione destinato ai direttori degli uffici diocesani della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei. Per Nuoro c’era don Roberto Dessolis.

Di cosa vi siete occupati in questo momento così particolare per l’Italia e l’Europa sia per i cittadini che per i migranti che si spostano spesso in condizioni disumane?
«In questi giorni abbiamo avuto l’occasione soprattutto di confrontarci tra direttori provenienti da tutta Italia. Anche noi come diocesi abbiamo potuto ampliare un orizzonte e cercare di capire quella che è la reale problematica della migrazione in Italia. Non abbiamo parlato solamente di accoglienza ma soprattutto di evangelizzazione, come pensare una chiesa al 2050, come possiamo lavorare non per i migranti ma con i migranti. Questo è stato il centro del nostro incontro, naturalmente siamo stati accompagnati da esperti oltre ad avere la presenza del segretario della Cei, il Vescovo di Cagliari monsignor Baturi, del Vescovo di Alghero monsignor Morfino, del vicario di Milano monsignor Agnesi».

Cosa avete imparato di nuovo in quest’ambito?
«Io ho imparato tanto, mi è stata offerta una visione molto più ampia di quello che potrebbe presentarsi nella nostra diocesi, abbiamo imparato come poter evangelizzare tutte quelle persone che sono in movimento. Abbiamo imparato che questo ufficio non deve occuparsi solo di immigrati, di chi arriva, ma cercare di evangelizzare e seminare anche in tutti quei giovani che si spostano dalla nostra Diocesi, dal nostro territorio e vanno a studiare o a lavorare in altri paesi. Ho imparato come avvicinarci ai Sinti, ai giostrai, come accompagnare e star vicino a quei sacerdoti stranieri che arrivano nelle nostre diocesi. Questi sono stati i punti che abbiamo toccato e il tutto per cambiare un focus, passare come dicevo da quel per che richiama a lavorare per qualcuno a volte calando tutto dall’alto a lavorare con, cioè metterli in prima persona, entrare nelle loro storie, nei loro cammini e partendo proprio da loro».

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