31 Agosto 2024
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Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni (J. Freeman Clarke)
Son trascorsi settanta anni dalla morte di Alcide De Gasperi (1881 – 1954), se chiedessimo in giro chi fosse ben pochi saprebbero dare una risposta corretta. Eppure lo statista trentino ha avuto un ruolo e un’importanza nella storia del Novecento italiano come forse nessun altro. Nato sotto il regime austriaco, deputato al Parlamento di Vienna, dopo la Grande Guerra e l’unione del Trentino all’Italia aderisce al partito popolare fondato da don Sturzo. Durante la dittatura fascista sconta sedici mesi di prigione, poi trova ospitalità in Vaticano dove lavora come collaboratore nella Biblioteca. Quegli anni sono di solitudine ma anche di riflessione e studio, che gli saranno preziosi quando la guerra scellerata di Mussolini porterà l’Italia alla sconfitta. Allora De Gasperi si farà promotore della nascita della Democrazia cristiana. Negli anni finali del conflitto e fino al ’47 governa in coalizione anche coi socialisti e i comunisti. A un certo punto si deve fare una scelta di campo chiara: De Gasperi opta per l’alleanza con gli Usa e le potenze occidentali. Quell’uomo all’apparenza freddo, presidente del Consiglio di un paese sconfitto si era fatto apprezzare alla Conferenza di pace di Parigi, 10 agosto 1946, quando in un ambiente ostile aveva pronunciato il celebre discorso «Prendo la parola in questo consesso mondiale e so che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me». L’Assemblea fu colpita da quell’intervento non querulo o vittimistico, Byrnes, segretario di Stato americano gli strinse la mano. L’anno dopo ci sarà il viaggio in America foriero di aiuti che permetteranno all’Italia di rialzarsi. La parabola politica di De Gasperi si concluderà con la mancata fiducia al suo Governo nel luglio 1953, quella umana nell’agosto 1954.
Ma quali erano i principi e le idee che animavano il grande statista? Uomo di solida fede s’ispirava alla dottrina sociale della Chiesa. Scrisse Montanelli: «De Gasperi va in chiesa per parlare con Dio, Andreotti col parroco», a significare la profonda religiosità del Nostro, il quale però mai cedette a derive integraliste e settarie. In lui si fa felice la sintesi dinamica tra liberismo economico e protezionismo sociale, lo Stato può e deve intervenire per aiutare le classi disagiate ma non deve mettere lacci e lacciuoli inutili alle attività imprenditoriali. La socialità per la Dc sostiene nel luglio 1953: «È un’apertura non verso sinistra o verso destra, ma verso le classi più povere». D’altronde già nel ’46 aveva affermato: «Noi siamo solidaristi, solidarietà di gruppi e di interessi: contributo di tutte le forze produttive». Anche quando il partito ha la maggioranza assoluta, elezioni del 18 aprile 1948, preferisce continuare la collaborazione coi partiti laici perché non vuole che il governo del paese possa essere visto come un’emanazione del Vaticano. A chi gli fece notare che allearsi con la Dc portasse il rischio del “bigottismo” Pacciardi, esponente repubblicano gran combattente nella guerra di Spagna dove aveva visto all’ opera Togliatti e compagnia, rispose: «Meglio una messa al giorno che una messa al muro». Lo scontro politico in quegli anni è acceso nelle piazze e in parlamento, così il capo del Pci definisce gli esecutivi a guida De Gasperi: «Sono un governo di tirannide che del clericalismo hanno l’ipocrisia e del fascismo la sfacciataggine».
Governare l’Italia non è facile, governare la Dc altrettanto. Barcamenarsi tra le tendenze conservatrici o financo reazionarie di parte dell’ elettorato e delle gerarchie ecclesiastiche e quelle millenaristiche o aperturiste nei confronti della dottrina marxista di gruppi di giovani e intellettuali è fatica che mette alla prova anche il più esperto dei nocchieri. E anche per lui arrivano giorni amari. Conscio che il governo per poter esercitare il proprio ruolo necessita di numeri solidi appoggia quella che è passata alla storia come “legge truffa” (chi avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti avrebbe avuto un premio in termine di seggi), la Dc e i suoi alleati si fermano al 49,8 %, per De Gasperi è una cocente sconfitta, cui dopo qualche mese si aggiungerà la mancata fiducia al suo governo.
Da lì a un anno il politico trentino lascerà questa terra, pianto e rimpianto da molti che in lui vedevano un faro, un punto di riferimento che aveva ancorato l’Italia all’Occidente, promuovendone l’adesione alla Nato (quando anche dentro il suo partito ebbe forti opposizioni) e spendendosi per creare un’Europa dei popoli in cui la pace e la collaborazione avrebbero permesso uno sviluppo come mai prima si era avuto nella storia. Un italiano atipico, antiretorico, idealista ma non ideologico: un italiano vero.