9 Dicembre 2020
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Quando viene a mancare qualcuno famoso non si contano i commenti del tipo: sono sempre i migliori che se ne vanno, che poi mica è vero, prima o dopo ce ne andiamo tutti. Con la scomparsa di Maradona siamo andati oltre, in piena metafisica. Sosteneva Sant’Anselmo d’Aosta: Dio è ciò di cui non possiamo pensare niente di più grande. In molte commemorazioni e analisi, quel nome, Dio, che il secondo comandamento ammonisce di «non nominare invano», è stato accostato al genio pedatorio argentino. E allora, possiamo pensare qualcosa di più grande di Dieguito? Certo che sì, nella vita di tutti i giorni, non ci vuole tanto, e anche nel calcio si può sempre sperare che un altro uomo ci faccia sognare e divertire quanto e più di Maradona. Il quale più che al Dio cristiano infinito e immensamente buono possiamo accostarlo agli dei bizzarri e dispettosi dell’antichità dei quali aveva i vezzi e i vizi. Qualcuno ha affermato: «Il football entra dentro, come la poesia fa ad alcune persone e l’alcol fa ad altre» ( The football man, A. Hopcraft); in questa società sbandata e spaventata il calcio con i suoi “eroi” alimenta ancora il sogno e le illusioni. In Maradona non dobbiamo cercare la guida morale ma quell’attimo in cui anche l’impossibile pare realizzarsi. Una punizione, un dribbling, una parata possono avere lo stigma del genio, sono una pennellata di arcobaleno nelle grigie esistenze di molti. Nel rimpiangere, molto spesso, però, non si commemora il morto ma si ricordano i propri vent’anni e ciò che dal futuro si poteva sperare, non di rado il viaggio nella nostalgia è l’ultimo rifugio di chi non può perdonare alla vita di aver ingannato le attese. Maradona, nato in un barrio argentino, è entrato nella storia, passando per la cronaca, anche nera, per consegnarsi al mito. E qua si ferma. Una persona si giudica per tutta una vita non per un gol, geniale quanto si voglia. Il dieci argentino è la stessa persona che segna, all’Inghilterra, una rete con la mano, (avrà la sfrontata baldanza di affermare: era la mano de Dios, quel Dio misericordioso, ora, probabilmente, stenderà la sua mano e lo perdonerà), e dopo pochi minuti ricama un’azione nella quale il talento si sprigiona in tutta la sua bellezza. Tanti sono gli amici dei personaggi famosi spuntati post mortem, e c’è sempre qualcuno che fa il piccione sul monumento descrivendolo con le peggiori tinte. Il genio è forse sempre anche sregolatezza, è un lampo nel buio della notte più scura, ma non è una divinità, per cui quell’avverbio, “invano”, lo dovremmo tenere presente più di quanto di solito facciamo.
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