«È difficile accettare quanto succede»
Intervista a Ostap Serena, storico dell'Università cattolica di Lviv (Ucraina)
di Franco Colomo

14 Marzo 2022

8' di lettura

Il mondo accademico ucraino è in prima linea accanto alla popolazione colpita dall’invasione russa. Domenica 6 marzo, al decimo giorno di guerra, abbiamo raggiunto il professor Ostap Sereda, professore Associato di Storia presso l’Università Cattolica Ucraina di Lviv.

Professore, come sta reagendo la società ucraina all’invasione?
«La reazione principale è choc e rabbia. Centinaia di civili sono uccisi dall’esercito russo, dozzine di edifici residenziali, scuole, ospedali sono stati distrutti nelle principali città dell’Ucraina. Quando l’invasione russa è cominciata una settimana fa io ero all’estero, all’Università di Jena, e sono ancora in Germania. Il contrasto fra la vita pacifica in una piccola città tedesca e i brutali attacchi alle città ucraine è surreale, è difficile accettare che questo sta succedendo nell’Europa del XXI secolo. Anche per gli ucraini è sorprendente quanto la società stia unita oggi. Prima analizzavamo il ruolo delle differenze regionali o il conflitto linguistico nella politica ucraina. Certo, il regionalismo ha giocato un ruolo importante nella vita politica ucraina prima del 2014, ma adesso sembra essere irrilevante. Quando le truppe russe entrano nelle strade delle città dell’Ucraina meridionale e orientale, sono spesso fermate da civili russofoni. Si possono vedere scene strazianti di coraggio civile in un video da Kherson oggi: una manifestazione di massa con la bandiera ucraina continua la sua protesta anche dopo che i soldati russi hanno iniziato a sparare. Si può sentire come una donna urla in russo: “Non abbiamo paura! Kherson è Ucraina!”».

Qual è il ruolo delle università ucraine oggi?
«Anche le università sono sotto attacco. L’edificio del dipartimento universitario di sociologia nel centro di Kharkiv è stato bombardato nei primi giorni dell’invasione, ci sono anche altri casi simili.La città di Lviv, dove si trova la mia Università Cattolica Ucraina, sinora è stata risparmiata. La nostra comunità universitaria è ben organizzata, ci sono sessioni online quotidiane e preghiere che aiutano a tenerla unita. Il campus universitario è diventato un centro per molte attività dei volontari. Le lezioni normali sono trasformate in lavoro socialmente orientato: studenti e professori si offrono volontari per aiutare i rifugiati dalle città dell’Ucraina orientale e centrale e l’esercito ucraino, per raccogliere e diffondere informazioni sulla guerra, e per offrire consulenza intellettuale in questo difficile momento».

Cosa significa la crisi dei rifugiati per l’Ucraina come paese?
«Questa è una tragedia terribile per migliaia di famiglie che devono lasciare le loro case. L’Ucraina ha affrontato una crisi con profughi interni già dopo il 2014, quando quasi due milioni di persone hanno lasciato la regione del Donbass e la Crimea e hanno trovato una nuova casa in altre parti del Paese. Sembra che questa terribile esperienza abbia insegnato agli ucraini come aiutarsi l’un l’altro. È terribile che alcune famiglie che si erano trasferite da Doneck a Kiev e che avevano iniziato una nuova vita lì nel 2014 adesso debbano scappare ancora dall’invasione russa. La maggior parte dei rifugiati scappano in Polonia. So da una mia amica, una donna che ha passato la frontiera con suo figlio, quanto è stato importante essere accolta e aiutata da volontari polacchi, e quanto i rifugiati ucraini siano grati a tutti i nostri vicini occidentali».

Nel nostro Paese c’è chi ha tentato di oscurare la cultura russa – pensiamo alla decisione imbarazzante dell’Università Bicocca di Milano su Dostoevskij – più in generale sembra ci sia una tentazione di fare di ogni russo un nemico, ad ogni livello: le sembra ragionevole? E d’altra parte anche i maggiori scrittori ucraini, pensiamo a Gogol’ o Bulgakov hanno scelto di esprimersi in lingua russa.
«Ovviamente nessuna discriminazione su basi linguistiche o etniche dovrebbe essere tollerata in una società democratica. La cultura russa è una parte importante della cultura europea, è ricca, e oggi non si dovrebbe accusare Dostoievskij dei crimini commessi da Putin. D’altra parte, sappiamo dalla storia europea che la cultura è stata strumentalizzata da regimi autoritari e totalitari, e ciò non può essere più permesso. Non possiamo far finta che il mondo della cultura appartenga a un universo, e che il mondo della politica e della guerra a uno totalmente differente, e che i programmi russi e esteuropei continuino come se non stia succedendo nulla. La questione è come contestualizziamo una certa tradizione culturale. Forse è il momento giusto per i dipartimenti universitari per riesaminare come insegnano sull’Europa dell’Est e come affrontano il patrimonio culturale russo. Forse è il momento di essere più critici verso l’approcciorusso-centrico, che è talvolta predominante negli studi dell’Europa dell’Est e prestare piùattenzione alle culture e società non russe nellaregione. L’attacco russo all’Ucraina è il risultatodi un vergognoso degrado del sistema politico russo, che è diventato quasi fascista. Sfortunatamente questo è stato preparato e accolto da molti scrittori, artisti, giornalisti e persino studiosi russi che hanno irresponsabilmente o sinistramente legittimato le mitologie storiche nazionaliste del Cremlino e che hanno promosso in molti modi orientamenti ideologici che abbracciavano l’espansionismo russo, da Solzhenitsyn a Prigozhin. Il mondo accademico non dovrebbe più tollerare ciò».

Francesco è stato l’unico leader mondiale a recarsi personalmente all’ambasciata russa e ha promosso una giornata di preghiera e digiuno per la pace. La comunità Cattolica e più in generale cristiana ucraina sa degli appelli alla pace e dei tentativi diplomatici del Papa? Sempre Francesco non si stanca di parlare di fratellanza umana, come non considerare fratelli russi e ucraini?
«Certo, tutte le notizie sulle iniziative di Papa Francesco per la pace sono accolte in Ucraina con tutto il cuore. Prima della guerra, i cattolici ucraini nutrivano la speranza di una visita del Papa in Ucraina nel 2022. Alla fine di gennaio, quando il Papa ha chiamato il mondo a pregare per la pace in Ucraina, tutti sono stati grati per il suo impegno. Oggi Francesco cerca di unire tutto il mondo cristiano in degli sforzi per aiutare le vittime ucraine della guerra. Per la seconda domanda, certo, fondamentalmente tutti gli esseri umani sono fratelli e sorelle, dato che siamo tutti figli del nostro Signore Celeste. È così che dobbiamo avvicinarci l’un l’altro, ma dobbiamo anche essere contro il male. Se tuo fratello è preso dal male e minaccia la vita dei tuoi cari, lo devi fermare. Caino non era fratello di Abele?».

Nella Chiesa ortodossa russa si amplia il fronte dei “preti per la pace” (come loro si definiscono) e il patriarca Kirill – storicamente legato al Cremlino – sembra sempre più isolato: come legge questa spaccatura?
«Posso solo dire che la posizione pro-Cremlino del Patriarca Kirill è inaccettabile per quei credenti ucraini ortodossi che riconoscono ancora il Patriarcato di Mosca. Ha perso la sua autorità morale tra di loro. Ho letto nei media che i preti e i credenti di questa chiesa stanno ora discutendo come dichiarare uno stato autocefalo per poi unirsi con la chiesa ortodossa ucraina. Penso sche succederà in futuro».

In Russia c’è stata una certa opposizione alla guerra. Alcuni gruppi di oppositori chiamano addirittura al disfattismo e agli scioperi per fermare la guerra. Secondo Lei che ruolo può avere l’opposizione alla guerra all’interno della Russia?
«Rispetto il coraggio di tutti quelli che protestano in Russia contro l’invasione e sono arrestati dal regime del Cremlino. Queste proteste sono piccole come numero, ma sono importanti. Sinora non minacciano il governo russo. Molti osservatori commentavano che il regime di Putin era basato su un patto non detto: la gente non interferisce nella politica ma riceve in cambio un alto tenore di vita. Ora, con le sanzioni imposte alla società russa, ciò cambierà. Il Cremlino sta portando lo stato e la società russe al totale isolamento internazionale. Se il patto si rompe, qualunque cosa può succedere anche all’interno della Russia».

Traduzione di Marco Gabbas

  •  Chi è. Ostap Sereda ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia comparata presso l’Università dell’Europa centrale (Budapest) nel 2003. Nel periodo tra il 1994-2015 è stato presso il dipartimento di storia moderna dell’Istituto Ivan Krypiakevych di studi ucraini a Lviv (Accademia delle scienze ucraina); dal 2015 è professore Associato di Storia presso l’Università Cattolica Ucraina di Lviv. Insegna anche come professore in visita ricorrente presso la Central European University. Nel 2012 Sereda è stato uno dei destinatari della borsa di studio Shklar Research Fellowship presso l’Harvard Ukrainian Research Institute.
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