Figli di un amore precario
In Sardegna record di figli di coppie conviventi
di Francesco Mariani

2 Novembre 2024

4' di lettura

Dall’ultimo report Istat si apprende che la regione con la più alta proporzione di nascite more uxorio è la Sardegna (53,6%). Ciò significa che la maggior parte dei bambini nasce da genitori conviventi, non sposati civilmente o in chiesa, oppure già separati al momento del lieto evento. Aggiungiamoci la quota di bambini nati in famiglie poi divorziate e abbiamo il filo conduttore di questo fenomeno: la precarietà. Da noi, l’unica cosa di duraturo su cui scommettere e rischiare è rimasta il posto fisso nel pubblico impiego. Tutto il resto è aleatorio, fluido, e i legami familiari sono da declinare al passato.

Si è rotto un patto generazionale e sociale. Esso prevedeva famiglie numerose dove le nuove generazioni si sarebbero poi occupate dei genitori quando questi diventavano vecchi. La famiglia era come un’azienda da portare avanti ciascuno con il lavoro, il ruolo, il compito assegnato; era il welfare, la garanzia di mutua solidarietà nel bisogno, nella malattia, negli incidenti cui si va incontro nel vivere. Era la tanto deprecata, ma funzionale in quei contesti storici, “famiglia-nazione” molto bene studiata da Luca Pinna e Michelangelo Pira. Il noi prevaleva sull’io da tutti i punti di vista. La mamma era come la vestale, la custode di questa nazione; e infatti, quando veniva a mancare lei iniziava la diaspora. Per identificarti non chiedevano chi sei ma “de cuju ses”, ossia chi è tua mamma e tuo padre a quale famiglia-tribù appartieni. 

Oggi è preminente l’io, l’individualismo, la diffidenza verso l’altro, lo scetticismo sui legami durevoli. Non ci si sposa, neanche civilmente, per mantenere la propria libertà individuale. Se amare significa donare la vita per un altro, l’egoismo è pretendere per sé la vita dell’altro. Sant’Agostino (di queste cose se ne intendeva) diceva che l’amore umano, semplicemente egoistico, diventa prima o poi il più terribile degli odi. Era vero ieri e più ancora oggi. Già allora si diceva brigas de frades, brigas de canes per significare che le lotte interne ad una famiglia erano le più devastanti e dolorose rispetto a quelle che potevano arrivare dall’esterno.

Oggi parliamo dei quotidiani “femminicidi”, che in realtà sono “uxoricidi” in casa di sposati e conviventi, e specie tra ex. I Vip, ossia i personaggi e i miti di spicco, uomini e donne, fanno a gara a mostrarci il calendario e l’album delle loro convivenze, matrimoni fasulli, avventure sessuali specialmente se lucrose. Si parla molto meno di bambini ridotti a palline di ping-pong, ossia rimbalzati tra una mamma ed un babbo, usati per fare dispetto una verso l’altro, cresciuti nella lacerazione del capire chi a loro vuole davvero bene. E così crescono imbevuti di ripicche e ostilità. Crescono con la morte e la solitudine nel cuore. E da loro, che i primi rapporti sessuali li hanno all’età dei circa tredici anni, vorremmo, pretendiamo, un cambio di passo per realizzare ciò che i genitori naturali gli hanno negato.     

Per ampliare lo sguardo in campo nazionale, sempre l’Istat ci dice che tra genitori entrambi italiani i nati fuori dal matrimonio raggiungono il 44,7%. Tra le coppie miste, l’incidenza è più elevata se è il padre a essere straniero (38,3%) rispetto alle coppie con madre straniera (31,8%). Per i nati da genitori entrambi stranieri la quota raggiunge il 26,9%, 18 punti percentuali in meno rispetto alle coppie di genitori entrambi italiani. Sono numeri: manca la domanda del bimbo che si chiede “perché sono nato?”. 

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