Giovani smarriti e mutamento antropologico
di Francesco Mariani

18 Febbraio 2021

3' di lettura

Pier Paolo Pasolini parlava della “scomparsa delle lucciole” e di “mutamento antropologico”. Un mutamento è cosa diversa da un cambiamento: indica la sostituzione non del salotto ma di tutta la casa. La società umana è da sempre fatta di cambiamenti mentre le mutazioni avvenivano in tempi lunghi, come risultato finale ed epocale di una serie sterminata di piccoli passi. Pasolini diceva invece che quei mutamenti avevano accorciato i tempi del loro susseguirsi: avvenivano all’interno della stessa generazione e non più in un lungo percorso di generazioni. E aveva ragione. Se prima tra due fratelli, con cinque anni di differenza tra loro, i comportamenti ed il “modus vivendi” erano pressoché uguali, oggi sono irriconoscibili nel breve volgere del tempo. Non che allora non esistessero ragazzi (fetta consistente della popolazione) fuorvianti e fuorviati, ma nei nostri giorni stiamo assistendo al detto contadino “fruttora paca e puru mermida”. Parliamo di quanto ogni giorno apprendiamo dalle cronache: gang di ragazzini che fanno di tutto e di più, impuniti ed impunibili, protagonisti di violenze gratuite, di rancore inversamente proporzionale alla loro età, senza regole e senso civico. Più volte L’Ortobene ha sollevato questo problema, non per criminalizzare nessuno ma per capire. E più volte abbiamo insistito, magari raffigurati come reazionari, su due questioni: è crollato il pilastro, la matrice di ogni società, ossia la famiglia e la scuola. Nella famiglia la società trova la prima forma di organizzazione e di educazione. Per secoli ha svolto quasi tutte le funzioni sociali: produzione, consumo, procreazione, educazione, assistenza. Oggi è ridotta ad una lozza de rimitanos, un rifugio per senzatetto. Rifugio precario e provvisorio, spesso in balia di lotte coniugali tipo pingpong, dove la pallina sono i figli e gli avvocati i protagonisti. Sovente una famiglia con un solo genitore che volente o nolente declina tutto sul narcisismo, individualismo e rancore. Genitori che comprano un apparente rispetto dei loro figli ma non lo attengono come risultato di un processo educativo. Poi viene la scuola. Un tempo (senza rimpiangerne gli eccessi) era l’altra palestra di vita e di cultura. Poteva essere anche “impropria”, ossia non ufficiale, ma era organica alle regole sociali. Oggi è spesso un parcheggio del tutti promossi. Coloro che superano l’esame di maturità sono il 99,5%. Ha perso ogni forte funzione educativa. Si era arrivati persine ad abolire il voto in condotta. Risultato: gli stessi insegnanti vengono spesso derisi, offesi (anche dai genitori) e malmenati. Collante di questi due pilastri era la religione, condivisa o almeno accettata. Famiglia, scuola e Chiesa parlavano la stessa lingua, si richiamavano reciprocamente, erano soggetti educanti capaci di stabilire regole e farle accettare. Oggi giocano spesso a fare i sindacalisti dei ragazzi, ad imbonirli mentre uno stuolo di social insegna loro il contrario di quanto queste istituzioni dovrebbero inculcare. Privi di maestri, i giovani hanno difficoltà a educarsi. Da qui il moltiplicarsi di troppe condotte inaccettabili. © riproduzione riservata

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