Gonario Cabiddu, seminatore instancabile
di Pietro Puggioni
4' di lettura
8 Settembre 2021

Don Gonario Cabiddu nacque a Orune il 7 settembre 1921. Era la vigilia della Madonna di Gonare e ciò ispirò ai genitori Sebastiano e Rucchitta il nome di Gonario. Un segno premonitore di una costante devozione alla Madonna che lo porterà per ben 25 anni animatore dei pellegrinaggi a Lourdes e stimato oratore nei santuari mariani della diocesi. Alla sua morte improvvisa, nel 1° maggio del 1986, era già pronta la prima delle riflessioni da proporre alla sua comunità per il mese di maggio. Al paese natale resterà sempre legato, seguendone le complesse vicende, conservando viva la memoria di volti e di nomi, ed ivi volle riposare nella tomba di famiglia. Coltivò la lingua orunese per il suo umorismo immediato e brillante e per composizioni poetiche, tra cui O Babbu soveranu. L’11 giugno 1944 fu consacrato da monsignor Felice Beccaro nella Cattedrale di Nuoro e il 22 agosto celebrò la prima Messa solenne ad Orune. La sua missione pastorale raggiunse le parrocchie del Rosario di Nuoro, di Oliena e Lollove. Diresse il Collegio vescovile fino al 9 novembre 1952 quando monsignor Giuseppe Melas gli affidava la reggenza della Parrocchia di Cattedrale, della quale divenne Canonico Parroco nel gennaio del 1955. Di don Cabiddu ci sono tante “icone”, eloquenti e care. Ogni mattina, solo o con i suoi collaboratori, si recava al bar della Caserma “G. Mameli” per il rituale cappuccino. Era l’occasione per incontrare il mondo militare col quale tesseva un dialogo originale e fecondo di bene. D’estate i ragazzi e i giovani partivano in campi-scuola. Indimenticabili quelli di “Sa Itria”, presso il santuario mariano di Gavoi. Quei giovani e ragazzi erano la sua gioia e scommessa pastorale. Per loro non risparmiava energie e tempo. Andava tutti i giorni a trovarli e li accoglieva al ritorno per inserirli nella quotidiana vita parrocchiale. Come docente al Liceo classico si rivelò stimato educatore di varie generazioni. Don Cabiddu firmò L’Ortobene per ben 19 anni, da 1959 al 1978 con la sua brillante penna di giornalista e di appassionato comunicatore, raggiungendo la cifra di 6.400 abbonati. Eranogli anni del Concilio e quelli del post Concilio, e il settimanale diocesano svolse una azione fondamentale per diffonderne gli insegnamenti e incoraggiare il rinnovamento pastorale. Ricordiamo con nostalgia (tutti possono documentarsi sfogliando le annate di allora) la vivacità delle iniziative, la varietà dei convegni, il coraggio e la libertà nei dibattiti, il protagonismo dei laici e delle associazioni. Don Cabiddu era una voce importante, libera e coraggiosa, affrontando anche memorabili polemiche. Gli si addice l’icona del seminatore. Tanti ricordano frasi ed espressioni caratteristiche che assumono il valore di un viatico e di un testamento: durante un incontro occasionale o a scuola, nei colloqui e nelle numerose omelie, specie nella benedizione delle case dell’ultima Pasqua nel 1986. Oggi oltre che seminatore lo vogliamo ricordare anche come seme, caduto in terra per dare molto frutto, onorato dalla memoria grata e affettuosa del suo popolo. L’ultima icona: don Cabiddu accanto a Giovanni Paolo II. Il male aveva già minato la sua forte fibra e ridotto capacità e dinamismo, ma il giorno non era più lui. Trasfigurato dalla gioia di tutto il popolo e quasi abbagliato dal sogno diventato realtà. Si era preparato con cura ed amore, con fede ed entusiasmo; aveva fatto miracoli perché la Cattedrale potesse accogliere l’Ospite eccezionale. Quella gioia e quel sorriso, alla luce della morte, si sono rivelate un “Nunc dimittis”, presagio di un paradiso certo e vero.

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