I vent’anni del canto “Dae nos sa manu Segnore”
Musica sacra. L’affidamento a Dio in un momento di difficoltà all’origine della preghiera che ancora oggi risuona in tante chiese
di Redazione

18 Giugno 2024

4' di lettura

Bitti - Non diremo mai abbastanza grazie a Dio per il bene che riceviamo. Sicuramente il canto Dae nos sa manu Segnore, ha inteso dire grazie davvero tante volte al Signore per una Grazia speciale concessa. Lo ha fatto in numerose celebrazioni e concerti , con la straordinaria voce dell’indimenticabile solista del Coro “Oches de s’Annossata”, Giovanni Farre, scomparso il 18 novembre 2013 a causa di una terribile alluvione che interessò, insieme ad altri Centri sardi, anche il paese di Bitti; lo ha fatto dalle antenne dell’emittente diocesana Radio Barbagia, anche in accompagnamento a momenti particolarmente toccanti per la vita delle nostre comunità e lo ha fatto anche dalle colonne di questo nostro giornale.

Dae nos sa manu Segnore è oggi un canto sacro eseguito da molti solisti e gruppi regionali e viene cantata in molte parrocchie sarde. Sicuramente, però, pochi conoscono la vera storia alla base di questa bella preghiera di ringraziamento a Dio. Val la pena di raccontarla, seppur per sommi capi.

Nel lontano 1994, la mia bella famiglia venne letteralmente scossa da una terribile notizia clinica che informava della sicura presenza di un tumore maligno su una sua componente. I medici avvertivano della forte pericolosità raggiunta dal tumore, per cui fu indispensabile raggiungere, ad appena tre giorni dalla diagnosi finale, il Policlinico “Gemelli” di Roma. Come tanti sardi, ci trovammo, in pochissimo tempo, anche noi a percorrere quella “strada della speranza” che, in casi di salute molti difficili, suggeriva, purtroppo, di varcare il mare. Lo smarrimento iniziale, lasciò ben presto il posto alla preghiera a Dio che confortava e donava speranza.

A pochi giorni dal ricovero romano, l’unico rimedio proposto fu l’asportazione immediata dato il livello di alta pericolosità raggiunto dal tumore e poi… sperare di farcela contro eventuali metastasi.

Seguirono mesi e anni di forte preoccupazione ma, man mano che il tempo passava, anche di rinnovata speranza nella Divinità sulla quale avevamo riposto ogni richiesta di aiuto.

Di anni ne passarono ben dieci, prima che il referto specialistico finale dell’ospedale “Gemelli” parlasse, finalmente, di guarigione clinica. Era il mese di maggio 2004.

La gioia fu immensa ma, già da subito, non dimenticai le preghiere della mia famiglia e dei nostri numerosi amici, tanto che decisi di scrivere una preghiera cantata e, possibilmente, da diffondere il più possibile perché sempre più persone potessero farne tesoro usandola per rivolgersi al Padre comune, nella nostra bella lingua sarda, in ogni difficoltà.

Scelsi di iniziare col diretto “Daemi sa manu Segnore” che nel ritornello comune sarebbe diventato “Dae nos sa manu Segnore” perché la preghiera potesse essere offerta a Dio sia dal singolo che da una intera comunità.

La prima strofa osanna la Trinità, mistero centrale della fede e della vita cristiana; la seconda e la terza strofa riconoscono unicamente a Dio la capacità di di assistere, guidare e concedere le grazie di cui necessitiamo; la terza strofa ricorda che Dio, solo Lui, è Padre della vita e di ogni nostra sorte, per cui a Lui rivolge la richiesta di un abbraccio in vita come nell’ora della morte.

Da allora sono passati ben venti anni.

Il Signore incoraggi e sostenga ogni nostra difficoltà, anche per mezzo di questo umile canto.

Sebastiano Delai

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