9 Giugno 2021
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La tragedia del Mottarone certifica, qualora ci fosse bisogno, la fine del capitalismo calvinista e puritano. L’analisi di Max Weber è abbastanza conosciuta: il successo economico visto come conferma dell’avvenuta predestinazione alla salvezza. Il capitalista scopre di essere prediletto da Dio realizzando grandi investimenti e moltiplicando le intraprese economiche. Quel tipo di capitalismo aveva (o così appariva) una connotazione etica: i soldi servivano per produrre ed investire non per la vita sfarzosa o lo “sciupio” del padrone. I grandi industriali frequentavano più i loro stabilimenti che i salotti delle vanità. Nel capitalismo attuale i soldi non sono più un mezzo per produrre e lavorare ma il fine principale. La finanza ha sostituito il rischio dell’impresa. Tutto, ad iniziare dal proprio corpo, ha un prezzo ed è traducibile in moneta. La regola dominante è il profitto non il lavoro ed il merito. Se l’indagine sulla tragedia del Mottarone accerterà i fatti così come emergono, vuol dire che sull’altare del profitto sono state sacrificate quattordici persone e un bambino dovrà vivere lesionato e orfano per il resto della sua vita. Non c’è nessuna giustificazione all’aver manomesso i dispositivi di sicurezza, dei freni. Non può essere una scusante il lavoro che mancava da mesi, né il bisogno di approfittare della stagione turistica imminente. Per puro calcolo economico si è giocato d’azzardo sulla pelle di persone che, a causa di questa vergognosa sconsideratezza, non ci sono più. Lascia allibiti la decisione di usare la “forchetta”, che impedisce al freno di emergenza di entrare in funzione, per non perdere introiti. La frenesia del profitto, la mercificazione dellavita e della morte, la monetizzazione del temposono fattori ormai strutturali dell’attuale capitalismo neoliberale ed edonistico. Che si tratti del Mottarone o del ponte Morandi, dei quotidiani incidenti sul lavoro o degli scandali sanitari, dietro c’è la medesima logica del denaro e del profitto, prevalente sulle ragioni della vita, della cura delle persone e della tutela della loro salute. La pandemia del Covid non ci ha migliorati, come per mesi si è detto, al contrario ci ha incattiviti e resi ancora più egoisti, perché quando non si lavora, si vedono andare in malora le proprie attività e i soldi iniziano a mancare, non si riscopre il valore della solidarietà, ma piuttosto l’arte della sopravvivenza ad ogni costo. La pandemia ha accentuato la logica del profitto avanti a tutto: tornare a fare soldi è diventata la prima esigenza dopo mesi di chiusure, anche a costo di comportamenti criminali. A tal proposito cito un altro esempio. Emozionati e scossi per la tragedia di Stresa, non abbiamo dato la giusta attenzione a quanto accadeva dalle parti di Latina, nell’Agro Pontino. Le indagini coordinate dal Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza, hanno scoperto che una grande azienda agricola sfruttava e trattava in modo bestiale lavoratori indiani, gran parte in nero e irregolari. Ma non solo questo: con la complicità di un medico, un farmacista e altri, quei lavoratori venivano costretti con la forza ad assumere sostanze dopanti, metanfetamine, oppiacei. Prescritti nelle ricette come antidolorifici. Per far loro sopportare di più la fatica, per farli lavorare al di fuori di ogni regola e orario. Anche qui è il profitto a dettare legge. Il denaro senza etica diventa veleno. © riproduzione riservata