19 Ottobre 2023
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La storia si piò leggere e guardare da tante angolazioni: economico, militare, geopolitico, tecnologico, logistico. Si può provare a decifrarla partendo dalla cultura, dalle ideologie, oppure dai grandi personaggi, dai loro eserciti e bandiere. Ma vi è una prospettiva di non poco conto, che abitualmente viene tralasciata, ed è quella del dolore dell’innocente. Essa è imbarazzante e destabilizzante perché introduce una grammatica cui non siamo abituati. Lo diceva don Carlo Gnocchi il prete che reduce da tanti fronti di guerra si era commosso ed aveva speso la vita per curare e dare una speranza alle migliaia e migliaia di ragazzini deformati dagli eventi bellici.
La sofferenza di un bambino innocente è presente in ogni guerra di ogni epoca storica ed interroga la coscienza di tutti. Ci ricorda che anche noi siamo stati bambini, spesso indifesi. Ma noi non ci lasciamo interrogare, tacitiamo le domande scomode. Molto più semplice prendersela con Dio piuttosto che con la nostra libertà umana ed il modo come la usiamo. Se prendessimo sul serio l’angolazione della sofferenza dell’innocente forse talune decisioni non sarebbero state prese. Forse la tentazione di prevaricare l’uno sull’altro l’avremmo tenuta a freno. Si pensi all’embargo americano all’Iraq con i suoi terribili risultati su tanti innocenti; ai missili intelligenti con i loro “effetti collaterali”, ossia la morte di civili senza colpa; alle devastazioni e i crimini commessi dai russi in Ucraina; alle violenze contro armeni inermi; al perdurare delle stragi di bambini yemeniti.
La nostra lettura della storia passata e presente dimentica il dolore dell’innocente e rende possibile che il crimine si ripeta. I miliziani di Hamas si sono comportati da assassini di civili e sgozzatori di bambini, rapitori di piccole creature diventate ostaggi e filmate dal predatore nella sua tana. Nella reazione di Israele, con bombardamenti continui, che colpiscono i miliziani ma anche civili inermi e bambini c’è la stessa cecità per chi non ha nessuna colpa. C’è il rischio serio della catastrofe umanitaria.
Papa Francesco ha parlato di una terza guerra mondiale a pezzetti. Ora si apre una prospettiva spaventosa in cui i pezzetti si avvicinano e si compongono in un mosaico di dimensioni planetarie. Il male chiama il male e si coalizza contro il bene e la pace. Eppure tutti professiamo di essere razionalisti, adoratori dei diritti umani e pacifisti. L’oblio del dolore degli innocenti non ci rende anime candide ma semplicemente codarde, ipocrite.
Dostoevskij, nel suo libro, sempre attuale, I fratelli Karamazov, ragionava sulla “sofferenza inutile”, quella che tocca i bambini, cioè gli innocenti per antonomasia. E rimetteva sotto gli occhi di tutti l’eterna domanda: Perché tanto dolore da parte di chi non ha colpa alcuna? Resta un mistero per chi crede nel Dio di Giobbe e di Gesù; resta un enigma per chi non crede ad altro che a se stesso.
Se avessimo coscienza del dolore innocente davvero sarebbe diverso il nostro modo di pensare e di agire. Sarebbe diversa la nostra società. Il dolore per un figlio morto in tenera età, per una malattia, scombussola l’esistenza dei genitori. Figuriamoci cosa accade per un bambino trucidato in guerra. Odio chiama odio mentre abbiamo bisogno di amore e buonumore.