7 Settembre 2023
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Accade in Sardegna come nel resto d’Italia: nell’epoca della globalizzazione, gli investimenti pubblici e privati hanno accentrato la ricchezza in poche mani e in poche aree delimitate del territorio. Ciò ha incrementato le disuguaglianze territoriali, svuotato le zone interne e reso residuali centinaia di paesini.
Le politiche dei tagli lineari nella sanità, scuola, servizi vari, nate dalla crisi del 2008, hanno determinato un crollo della vivibilità nei piccoli centri ed alimentato una crisi demografica epocale. Nei territori dell’emarginazione sono scomparse le scuole, l’assistenza sanitaria, gli uffici pubblici, persino i distributori di benzina, gli artigiani ed i negozi. Per non parlare delle case: in Sardegna una su quattro è vuota, mentre nelle grandi città gli affitti sono diventati insostenibili. Le componenti più giovani e dinamiche della popolazione sono per buona parte andate via, lasciando dietro di sé anziani e malati. Nel migliore dei casi è rimasto un servizio postale che funziona a singhiozzo. Per fare i pendolari su ogni cosa tanto vale trasferirsi direttamente dove queste prestazioni sono garantite. Senza contare che le varie tasse ed i costi dei servizi essenziali (luce, acqua ecc.) sono uguali nei paesini e nei grandi centri.
Per fermare questa desertificazione uno strumento immediato sarebbe la detassazione sulle attività produttive, commerciali e sulle pensioni. Quest’ultimo caso è già previsto per chi decide di prendere la residenza prima casa nei piccoli Comuni del Mezzogiorno ma riguarda solo la pensione estera, assieme agli eventuali redditi provenienti dall’estero. Si tratta di una tassazione forfettaria ridotta al 7%. La Regione Sardegna, da quest’anno, ha messo in campo 360 milioni di incentivi. La norma prevede la concessione di un contributo da 15mila euro a 20mila euro per l’apertura di nuove attività nei centri a rischio spopolamento. In sostanza, ogni nuova attività aperta e ogni trasferimento di attività nel territorio dei Comuni con una popolazione inferiore ai 3.000 abitanti riceverà un contributo a fondo perduto pari a 15mila euro, che diventano 20mila qualora si incrementi l’occupazione. A questa misura, a partire dal 2023 si aggancia quella di accompagnamento delle imprese (comprese le nuove) che prevede, appunto dall’anno in corso, un contributo nella forma del credito d’imposta fino al 40% delle imposte versate, con il fine di sgravare le attività economiche dagli elevati costi dell’imposizione fiscale.
Questi provvedimenti di finanza pubblica sono da lodare. Ci si è resi conto che trascurare le aree interne è stato un grave errore perché hanno un grande valore strategico nella lotta contro gli incendi, la tutela ambientale, la prevenzione di danni derivanti dall’ecosistema, la valorizzazione turistica e culturale. Resta da vedere che risposte arriveranno dalle zone interne. La politica prepara la strada ma a percorrerla sono i cittadini. Nessun campanile, seppure dal passato glorioso, si salva da solo senza progetti comuni.