Il Monastero delle Carmelitane Scalze a Nuoro (Gianfranco Mattu. License: CC BY-NC-SA)
La sete e il desiderio di stare con il Signore
di Luca Mele

15 Febbraio 2023

4' di lettura

Nuoro - Alessia Frau, quarantenne di Usini, è stata accolta lo scorso 2 febbraio, Giornata per la Vita consacrata, nella comunità delle Carmelitane di Nuoro per l’esperienza del postulandato. 

Alessia, cognome e paese di residenza confermano il suo essere sarda, ma l’accento sembra tradirla.
«Sono nata a Catania, infatti. Mio padre, ora in pensione, lavorava nella Guardia di finanza e allora fu trasferito in Sicilia, dove conobbe mia madre, casalinga, e dal loro amore sono nata io e mia sorella più piccola. Siamo ritornati in Sardegna più di vent’anni fa e io ero vicina alla maggiore età; dopo la maturità, mi sono iscritta all’Università di Sassari, ma non ho potuto proseguire gli studi per questioni personali, per poi lavorare in un esercizio commerciale preoccupandomi delle pulizie».

Una storia abbastanza ordinaria. Come ha maturato, dunque, l’idea di poter consacrare totalmente la sua vita a Cristo?
«La mia è una famiglia di credenti, anche se non posso parlare dei miei come di “super praticanti”. In realtà anche io, trascinata dalla spensieratezza adolescenziale o da altre distrazioni, non sono mai stata una fedelissima nella vita sacramentale: non andavo a messa e non mi confessavo. Anche i miei nonni sono o erano molto religiosi. A questo proposito, la morte nel 2016 di mio nonno paterno mi ha portata a una piacevole scoperta! Ho iniziato ad avvicinarmi alla preghiera, mi attirava sempre più il desiderio di stare con il Signore; una “sete” che non so descrivere… però, più pregavo e più mi piaceva. Lo facevo con semplicità, quasi non sapevo come incominciare: evidentemente era un’inclinazione “ispirata”, lo Spirito Santo mi guidava e mi lasciavo condurre».

Da questa scoperta, come l’ha definita, è maturato qualcosa di più profondo?
«Esatto. Ho iniziato a partecipare all’Eucaristia domenicale, forse per un senso del dovere perché così – consideravo – devono fare i cristiani. Idem per il sacramento della riconciliazione. Ma gradualmente ho preso maggiore consapevolezza e ho iniziato ad andare a Messa quotidianamente e a confessarmi più spesso, con la curiosità di quelli di casa che percepivano un cambiamento, accolto con tanto rispetto. Mi faceva riflettere il fatto che ogni giorno ci fossero poche anziane e ho pensato che avrei dovuto fare la mia parte. In tutto ciò, che io definisco un “languorino”, mi domandavo se fossi destinataria di un progetto particolare da parte Dio».

Come sono arrivate le risposte a questi interrogativi?
«C’è stato un momento decisivo. In paese è particolarmente sentita la devozione per San Francesco e nel giorno della festa nel 2018 venne un frate per la predicazione. A lui, in quei giorni, ho confidato cosa sentivo, quel che vivevo. Sapientemente, mi ha raccomandato la lettura della Bibbia e mi ha suggerito di contattare la Madre Priora del monastero Mater Salvatoris di Nuoro, dandomi un recapito telefonico, per un discernimento che non escludesse nulla. Dopo il lockdown nella primavera del 2020, periodicamente e rinunciando alle mie giornate di riposo, andavo dalle carmelitane scalze. E viaggiavo pure ad Olbia, sempre con mezzi pubblici e impegnando quasi tutta la giornata, per partecipare a momenti di preghiera a carattere vocazionale e incontrare, in modo più sistematico, il padre spirituale».

Alla fine, dal 2 febbraio, entra ufficialmente nella comunità di “Cuccullio”.
«Sì, dopo le varie esperienze con le monache, ho chiesto loro di accogliermi. Affinché non sembrasse una richiesta arbitraria, è stato il capitolo a valutare se fossi degna del cammino da postulante, come voce della Chiesa e della volontà divina. Ottenuto il parere favorevole, indosso con gioia il mio abito camiciato. E non penso alle rinunce perché più grande per me è la bellezza della vita consacrata e della preghiera: so che il Signore ripaga “cento volte tanto”».

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