Le ragioni della vita non sono ideologiche
di Francesco Mariani

9 Febbraio 2023

3' di lettura

A ridosso della 45° Giornata per la Vita e della XXXI Giornata Mondiale del Malato si leva il piagnucolio dell’Associazione Luca Coscioni: gli italiani snobbano la Dat. Facciamo un passo indietro nel tempo: il 22 dicembre del 2017, come regalo di Natale, il governo, guidato allora da Paolo Gentiloni e con ministro della Salute Beatrice Lorenzin, emanava la Legge 219 sul “testamento biologico”. Questa legge, tanto osannata dai pensatori illuminati e dominanti, prevede che ogni cittadino italiano, malato o sano che sia, possa esprimere la sua volontà di essere curato o meno, quando c’è il bisogno.

L’Associazione Luca Coscioni lamenta che a distanza di 5 anni,solo lo 0,4% degli italiani ha depositato le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) con cui si indicano le proprie volontà in merito al fine vita, ossia, più terra terra, la possibilità che venga praticata una forma di eutanasia. Gli italiani che sono ricorsi a tale possibilità di legge sono appena 185.500 a fronte di 60 milioni. Questa significa che la loro preoccupazione non è il cosiddetto “accanimento terapeutico”, ma di essere curati nel miglior modo possibile.

Emerge un abisso tra ciò che sono le questioni sanitarie sbandierate dai padroni del pensiero e le reali attese della gente. Gli italiani non fanno la fila per “morire meglio” ma per “vivere meglio”. Vogliono una sanità a servizio della vita e non della sua soppressione. In un periodo di clamorosa crisi del sistema sanitario nazionale la Dat è l’ultima delle preoccupazioni.  

Il piagnucolio dell’Associazione Coscioni diventa stucchevole quando accusa il Ministero della Salute di non promuovere adeguatamente, a sue spese, ossia con le nostre tasse, campagne di sensibilizzazione sul “fine vita”. Insomma se ci sono poche adesioni è colpa della propaganda mancata. Per questo vengono annunciate apposite campagne di informazione. Ovviamente facendo leva su un singolo caso o personaggio mediaticamente ben costruito. Con un paradosso clamoroso: propagandare eutanasia ed aborto è cosa meritoria mentre promuovere la natalità (in tempi di paurosa crisi demografica) e l’assistenza agli anziani (abbandonati a se stessi) è roba da reazionari. La cultura della morte, nell’apparato ideologico sembra aver sconfitto le ragioni della vita ma nella realtà non è così.

Una bella campagna di formazione la meriterebbe la prevenzione dei suicidi in tragico e continuo aumento, specie tra i giovani. Chi tifa per il “fine vita”, in coerenza, dovrebbe applaudire ai suicidi e alla solitudine in cui essi maturano. Noi continuiamo a credere che la richiesta di porre fine alla vita da parte di un paziente affetto da una malattia non curabile, con sofferenze fisiche e psichiche, rappresenta di fatto il fallimento delle cure mediche e non un diritto del malato come talvolta viene detto. Non un fallimento colpevole ma l’effetto collaterale della nostra impotenza.

Infine vi sarebbe da dire di più sulle cure palliative che non sono un suicidio assistito e nemmeno l’eutanasia. Esse sono interventi terapeutici e assistenziali finalizzati alla cura attiva di malati la cui patologia di base non risponde a medicine specifiche. A Nuoro, questo servizio funziona egregiamente e merita di essere potenziato. Altro che Dat: viva la vita e no alla solitudine!

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