19 Ottobre 2022
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Le guerre, come le pandemie ed i disastri naturali, fanno diventare taluni ricchi e molti altri poveri. È sempre stato così: i mali altrui diventano occasione per fare affari. Specie in una società, come la nostra, che ha la sua anima nel consumo e ci riduce tutti a consumatori. La carta di identità comune si fonda su quanto si possiede e quanto e come si consuma. Per aiutarci a capire questa distorsione sarebbe utile rileggere il volume di Thorstein Veblen La teoria della classe agiata, uscito negli Stati Uniti nel 1899 ma ancora oggi di grande attualità. Secondo tale studio, la principale caratteristica del consumo è la sua natura vistosa e ostentativa. Gli individui, nei loro comportamenti consumistici, non rispondono alla necessità di soddisfare dei bisogni primari, da una volontà di spreco, di sciupio. Rispondono, insomma, alla brama di ostentare socialmente quanto sia grande il loro prestigio e successo legato alla propria posizione. La quale è ovviamente interdipendente dalla ricchezza monetaria posseduta. Ecco dunque la filosofia della classe agiata: trasferire il confronto dalle capacità e meriti, ossia dall’essere, al possedere ed ostentare. Non a caso Veblen parla di «confronto antagonistico» portato avanti non (o non solo) con le armi ma con lo sperpero e col consumo di cose inutili, non corrispondenti a bisogni reali.
Le altre classi sociali cercano di imitare i comportamenti di consumo di quella agiata, perché vorrebbero anche loro apparire e comparire in una posizione sociale elevata.
Esempio pratico: se il mio vicino di casa ha comprato un’automobile bella e potente (seppure inutile per le esigenze reali), io la compro più bella e potente, più costosa, per mostrare che non sono a meno di lui.
Veblen indica anche due differenti strategie con le quali la classe agiata (imitata dalle altre) dimostra la sua superiore ricchezza e potere.
La prima è l’agiatezza vistosa che consente di mostrare di essere così ricchi da non aver bisogno di lavorare. La seconda strategia è il consumo vistoso, l’usa e getta, ovvero uno spreco di beni di lusso, il loro acquisto e la loro ostentazione. Tale «confronto antagonistico» porta con sé altre distorsioni. Un esempio: voglio vincere la gara dei cento metri; lo posso fare perché sono il più forte oppure il più furbo.
Nel primo caso metto a confronto le mie reali doti, nel secondo sgarretto l’avversario ed arrivo primo al traguardo. In questo modo apparendo molto di più di quello che sono. La guerra e la crisi energetica in corso dovrebbero farci riflettere sul nostro modo di pensare che confonde il superfluo con il necessario, l’indispensabile con lo sfizio. Il voler apparire ed ostentare a tutti i costi crea nuove disuguaglianze sociali e, per dirla con Papa Francesco, nuovi scarti umani.
Crea l’illusione del «appaio dunque sono» di cui è impastata la nostra informazione di massa e la vita quotidiana. Non si tratta di adottare modelli pauperistici ma di riscoprirci uomini la cui dignità non dipende da quanto si possiede ma da quello che si è. In ogni caso occorre risvegliarsi dal sonno di avere la botte piena e la moglie ubriaca.