Salvatore Mele
«L’imbrunimento dei boschi è un fenomeno reversibile»
Natura. Non solo siccità, intervista a Salvatore Mele, direttore del Servizio territoriale di Nuoro - Forestas
di Franco Colomo

3 Ottobre 2024

5' di lettura

Chiunque abbia percorso nei mesi scorsi le strade d’Ogliastra, quelle del Supramonte o, per non andare lontano, abbia sollevato lo sguardo sulle pendici del monte Ortobene, non può aver fatto a meno di notare le macchie di colore marrone via via più estese a contrasto con il verde. 

Per dare una spiegazione di questo fenomeno ci siamo rivolti all’Agenzia regionale Forestas che ci ha risposto nella persona del dottor Salvatore Mele, direttore del Servizio territoriale di Nuoro.

«La causa principale del fenomeno – spiega – è la siccità. Dal 2000 in poi le giornate in cui nei nostri territori si superano i 40 gradi sono quasi raddoppiate. A questo si aggiunge la riduzione delle precipitazioni. Tutte le piante hanno dei limiti di tolleranza al di sotto del quale cominciano a manifestare delle evidenti sofferenze. Per esempio, nel caso del leccio, avviene quando le precipitazioni annuali sono inferiori a 400 mm. Si dovrebbe parlare di imbrunimento, il leccio è una pianta molto resistente e si difende interrompendo la fotosintesi e assume questo colore bruno. Qualcuno si è preso anche la briga di misurare le precipitazioni in alcune aree dove questi fenomeni si sono manifestati: prima del 25 di agosto del 2024 erano sotto i 400 mm; dopo il 25 di agosto ci sono state delle piogge e quindi si è finalmente superata quella soglia e si è vista in certe zone – ad esempio vicino a Nuoro, a Villagrande, a Dorgali – una regressione del fenomeno».

Il monte Ortobene visto dalla zona di Lottolaghe il 19 agosto (foto in alto) e il 14 settembre (in basso)

L’impressione è che questo imbrunimento abbia avuto un impatto importante colpendo varie zone dell’Isola. 
«Noi abbiamo una selvicoltura mediterranea, con alcune piante di reddito come le sughere. Queste non le troviamo in Italia ma in Spagna e in Portogallo, quindi bisognerebbe prendersi la briga di fare riferimento alla selvicoltura iberica. Gli spagnoli ci dicono che questi fenomeni di imbrunimento per quanto riguarda il leccio e la roverella possono essere reversibili. È chiaro che ci può essere anche una mortalità infima, parliamo di qualche punto in percentuale. Le piante sono stressate e lo vediamo anche nella macchia, il seccume è presente nel lentischio. C’è bisogno che piova, chiaramente, altrimenti la pianta non si riprende. Ad ogni modo, per capire effettivamente il danno bisognerà aspettare l’autunno». 

Ci sono però anche degli agenti patogeni che attaccano le piante.
«Sono dei fenomeni legati allo stress. È la stessa cosa che si verifica nell’uomo: quando è debole viene attaccato dalle cose più disparate. Qui agisce la Phytophthora cinnamomi che è un patogeno endemico. Attacca l’apparato radicale delle piante, lo vediamo particolarmente nella sughera, provocando dei seccumi. Questo fenomeno si registra in Spagna da 15 anni a questa parte».

Come si può combattere questo agente? 
«Vanno fatti dei trattamenti con dei prodotti adatti. È chiaro che ci sono delle piante che si difendono di più come mentre la sughera va seguita con maggiore attenzione, perché l’attacco della Phytophthora insieme a quello di alcuni insetti, unito alla siccità, può portare alla morte. Spagnoli e portoghesi trattano con dei prodotti la sughera quando viene decorticata».

Qualcuno ha attaccato la Regione colpevole di essersi mossa in ritardo.
«In passato abbiamo avuto lo stesso fenomeno e non ci sono state simili polemiche. Ricordo che questa situazione si è verificata in Ogliastra, nei versanti sud dei tacchi, nel 2017. Ancor prima nel 2008 nel bosco che porta a Cala Gonone e le piante si sono riprese. Più indietro ancora nel 1964 e nel 1943, anni notevolmente siccitosi».

Cosa si è fatto nel concreto?
«È stato costituito un gruppo interassessoriale, si sono coinvolte l’Università di Sassari, Agris, Agenzia Forestas, il corpo forestale, i soggetti che ci sono nei territori, diversi sopralluoghi sono già stati fatti. La Regione dovrà procedere anche con degli strumenti di alta tecnologia, come i droni, e fare dei monitoraggi e poi chiaramente si muoverà di conseguenza, considerando anche l’esperienza delle amministrazioni forestali vicine, sia quelle del continente, sia quelle di territori nazionali vicini a noi come la Corsica, la Spagna e il Portogallo dove si è verificato lo stesso fenomeno. Chiunque lo può osservare dalle immagini del satellite europeo». 

Cosa dobbiamo attenderci per il futuro?
«Intanto è importante che si vigili sul fenomeno. La cosa preoccupante è che se prima questi seccumi si verificavano ogni vent’anni, dopo il 2000 l’impressione è che siano più frequenti. L’aumento delle temperature è un dato di fatto, come detto all’inizio. L’altro fenomeno, di cui non parla più nessuno, è la presenza di anidride carbonica – gas serra – nell’atmosfera. È chiaro che anche questo ha delle conseguenze».

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