5 Maggio 2022
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Nuoro - Rinviata causa maltempo, si terrà venerdì 13 maggio, inizio ore 19, nella Casa San Giuseppe di via Manzoni 30, la presentazione dei primi due dei sei libri dell’opera omnia di Monsignor Raimondo Calvisi (Bitti 1892 – Nuoro 1978) che a cura di Diego Casu e Natalino Piras sta rieditando Carlo Delfino. I titoli dei primi due libri sono Storie e testimonianze di vita barbaricina e Figure e tradizioni del Nuorese. Questo il tema della presentazione di venerdì 13: Le «vigne sterpose» e la Solitudine.
Insieme ai curatori intervengono Francesco Mariani, direttore del settimanale diocesano L’Ortobene e il ricercatore Giovanni Puggioni. Coordina lo stesso editore Carlo Delfino. L’attore e regista Alessandro Arrabito recita un monologo, In stato di Grazia.
C’è un fatto significativo a dare sostanza al tema generale dei relatori e al monologo di Arrabito. Il 20 giugno 1959, il solenne corteo che attraverso s’arcu ‘e Tziminariu e poi lungo tutto viale Ciusa, la vallata di Oliena come visione, accompagnava il premio Nobel alla sua perenne dimora. era aperto proprio da Monsignor Calvisi, parroco alla chiesa della Solitudine. Era l’ultima tappa della sua missione sacerdotale. L’inizio, negli anni Venti del Novecento, era stato alla festa patronale, Santu Viasu, di Lollove, «borgo perduto tra i monti del Nuorese», che già da subito dà idea di quanto sarà irto di difficoltà e ostacoli il camminare di prete Calvisi nei paesi «più riottosi» della Sardegna dell’interno. È quanto costituisce la materia prima dei suoi cinque libri, pubblicati quasi tutti da Fossataro tra il 1966 e il 19676. Nel primo dei racconti, in Storie e testimonianze di vita barbaricina, dopo una necessaria e luminosa prefazione di Raffaello Marchi, Lollove diventa Alarvé e già il suono è come una onomatopea di luogo aspro e selvaggio, come conformato apposta per le anime che lo popolano.
Prima di arrivare alla Solitudine di Nuoro, Pier Raimondo Calvisi sarà viceparroco e parroco in diversi paesi della Barbagia, della Baronia, della Bassa Gallura.
Significativo che nell’opera omnia di Monsignor Calvisi si ritrovino diversi personaggi dell’universo raccontato da Grazia Deledda. Donna Lucrezia per esempio, «moglie del prete di Teunele», uno dei racconti del sesto volume, interamente ricostruito dai curatori con pezzi sparsi e un catechismo-consigli pratici a contadini e pastori, La mia guida, volumetto del 1949. Donna Lucrezia come la mette in scena Monsignor Calvisi riflette nel decadimento molto delle dame Pintor di Canne al vento. Il tormentato prete Marco poi, sempre nel racconto Donna Lucrezia, ha tratti comuni con Elias Portolu, nome-titolo di uno dei capolavori deleddiani. Identico il paesaggio delle «vigne sterpose» con quello di molti romanzi e racconti del premio Nobel, la Sardegna del «fosco interno» (la definizione è di Salvatore Satta) come contesto di narrazione.
Nell’introduzione del primo libro, Tutte le anime, firmata da Diego Casu e Natalino Piras si dice che i testi di Monsignor Calvisi sono memoria del tempo magico e insieme racconto di un’esperienza che si fa ricerca e indagine antropologica. Nella struttura narrativa ci sono il retaggio di un passato ma anche una parte considerevole della vita del prete che di quel passato è contemporaneo ma che pure è capace di guardare con distacco a tradizioni ormai superate. Addirittura, come prete, come curato d’anime, le contesta, specie quelle che mettono insieme indistintamente Dio e il diavolo. Tutto questo rivela la capacità della scrittura calvisiana che passa da contu ‘e cochinzu, de foghile, episodico, a romanzo corale vero e proprio. È un mondo, quello narrato da Monsignor Calvisi, popolato di personaggi solari e oscuri, di costruttori di rezettas e fortilesas, di maghiaglias, di esorcisti forti e altri meno, di accabatoras più presunte che reali, di furfanti, di bardane e feste, mendicanti e ladri, jettatori e bigotti, banditi devoti e assassini a cui la morte ha preso la mano, oltraggiatori del sacro e dame di carità, nascosta e ostentata, lo spirito religioso, autentica fede, a mischio con una caterva di superstizioni. Tutto narra Monsignor Calvisi, Remunnu Truncu in accezione bittese-lulese, con empatia, ironia, autoironia. Il curato d’anime-ricercatore-etnologo-antopologo racconta la superficie, il visibile, ma sa operare indagine nelle psicologie dei personaggi. Come Grazia Deledda. Entrambi, con differenti registri, hanno il grande merito di saper raccontare le storie, le alte e le basse, come cronaca e insieme come didattica della nostra millenaria solitudine.