Da sinistra: Aleyna Akiuz, Sara Anzuinelli, Enrico Calloni, Luciano Errico e Davide Rozza. Alle loro spalle la bilancia dell'esperimento Archimedes
Ma a Sos Enattos si fa già ricerca con il progetto Archimedes Sar Grav
L'intervista. Incontro con l'équipe al lavoro nel sito che potrebbe ospitare Et
di Giuseppe Pinna

20 Ottobre 2022

7' di lettura

Lula - Il sito di Sos Enattos, nel Comune di Lula, è uno dei due candidati per la nascita di quello che viene chiamato Einstein Telescope, ovvero un interferometro di terza generazione deputato all’osservazione delle onde gravitazionali. Già oggi a Sos Enattos è in corso un esperimento scientifico unico al mondo, infatti, all’interno del laboratorio Sar Grav, ha preso vita il progetto Archimedes. Qui abbiamo incontrato l’équipe di ricercatori che sta lavorando al progetto. Di Archimedes parliamo con il professor Enrico Calloni e con il dottor Luciano Errico, entrambi dell’Università di Napoli.

Professor Calloni, il progetto Archimedes può favorire la costruzione dell’Einstein Telescope a Sos Enattos?
«Archimedes è stato approvato sia perché si trattava di un progetto di fisica fondamentale, sia perché poteva essere d’aiuto al progetto Einstein Telescope (ET). Questo non per le questioni tecniche – si tratta di due esperimenti differenti – ma perché faceva nascere un laboratorio a Sos Enattos dimostrando le proprietà del sito dal punto di vista sismico. Inoltre ha avuto lo scopo di formare un’impresa in antitesi a quello che gli Olandesi avevano fatto con il laboratorio ET Pathfinder».

Professor Calloni, cos’è l’esperimento Archimedes?
«Il progetto investiga la discussa, non chiara, interazione tra l’energia di vuoto e la gravità. Questo è un problema che si trascina da cent’anni, da quando è nata la meccanica quantistica, poiché questa, per funzionare, ha bisogno di descrivere il vuoto come pieno di particelle virtuali, di fluttuazioni di vuoto. Il problema è che quando questa teoria si immette nella gravità l’energia di vuoto – se si comporta come tutta la relatività generale pensa – se ha un’energia ha una massa; e se c’è una massa allora piega lo spazio cosi come la teoria della relatività dice. Queste due teorie del secolo scorso sono inconciliabili in questo punto: il vuoto che per una è necessaria per poter descrivere le interazioni, per l’altra è incompatibile con quello che vediamo. Noi facciamo un esperimento che almeno misura se l’energia di vuoto interagisce con la gravità oppure no. Il risultato non chiude il problema ma dà una via da percorrere per la sua risoluzione».

Dottor Errico quali possono essere i risvolti del progetto Archimedes nella vita di tutti i giorni? «Archimedes di per sé ha uno scopo scientifico. Se pensiamo alle interazioni tra le fluttuazioni di vuoto e la gravità questo avrà ricadute fra 50 anni. Invece dal punto di vista della tecnologia che si sta utilizzando già da ora può essere definito innovativo. Infatti lo strumento che abbiamo sviluppato potrebbe essere utilizzato, ad esempio, come tiltometro, cioè come misuratore delle oscillazioni del terreno a frequenze che non sono ancora misurate. Inoltre è la prima volta che si portano a temperature criogeniche, quindi bassissime, apparati di precisione e optomeccanici. Da questo punto di vista è un ottimo esercizio. Ad esempio anche nell’ET si useranno tecnologie criogeniche ottiche. Questo tipo di tecnologia potrà essere utilizzato per altri esperimenti nei prossimi anni. Altro aspetto che mi preme sottolineare è la volontà di non aver portato lo strumento da fuori: lo stiamo costruendo qui nel sito di Sos Enattos. Questo perché vogliamo che la società percepisca che si sta facendo qualcosa di bello. Se vogliamo possiamo dire che Archimedes è sardo perché nasce e cresce qua. Purtroppo ad oggi non ci sono ricercatori sardi ma la nostra speranza è che un altro goal dell’esperimento sia quello di avere dei ragazzi che si avvicinano a questa ricerca».

Parliamo di Enstein Telescope con il dottor Davide Rozza, ricercatore dell’Università di Sassari. Può spiegarci che cosa è, perché parliamo di interferometro di terza generazione e perché è importante questa ricerca scientifica?
«ET è un rilevatore di onde gravitazionali e sarà uno strumento che aiuterà a vedere il cosmo in modo diverso. Un interferometro è uno strumento su cui viaggia un fascio laser che viene rimbalzato fra degli specchi e misura la figura di interferenza tra i due bracci. Questa figura se passa un’onda gravitazionale cambia. Questo effetto può dipendere da tantissimi altri fenomeni, ad esempio un sisma ed è per questo che è necessario avere una macchina molto precisa per discriminare il vero segnale dal rumore.
È di terza generazione perché sviluppa la tecnologia che sta alla base degli interferometri già operanti nel mondo – uno è in Italia, a Cascina (Pisa) -. L’osservazione delle onde gravitazionali è una prova che la teoria di Einstein è corretta: una teoria che cento anni fa era solo matematica oggi la osserviamo. D’altro canto uno strumento che vuol vedere sempre più in profondità nell’universo ha bisogno di una tecnologia sempre più avanzata, ecco perché si parla di terza generazione. Sarà diverso dagli altri perché sarà lungo 10 km e costruito sotto terra, con l’uso ad esempio di basse temperature per limitare al massimo i rumori di fondo che possono inficiare la misura. Questo permetterà di guardare sempre più lontano, quindi indietro nel tempo, fino quasi al momento de big bang».

Dottoressa Sara Anzuinelli, astrofisica e ricercatrice dell’Università di Sassari, cosa sono le onde gravitazionali?
«Sono onde che si propagano nello spazio-tempo. Sono originate da oggetti astrofisici con la caratteristica di una massa molto elevata in uno spazio concentrato, come ad esempio stelle di neutroni e buchi neri. Per fare un esempio è come se avessimo la massa di un sole e mezzo in uno spazio di 20 km, oppure avere un cucchiaino con la massa del monte Everest. Altra caratteristica che queste fonti devono avere è quella di accelerare nel tempo. Il primo segnale captato dagli interferometri è stato quello mandato da una coppia di buchi neri, il secondo dalla fusione di due stelle di neutroni. Queste, muovendosi e accelerando arrivano a fondersi e l’oggetto che nasce non ha la massa uguale alla somma delle due ma una piccola parte si perde sotto forma di energia dando appunto origine alle onde gravitazionali».

Dottor Rozza, perché è stato individuato il sito di Sos Enattos?
«Et necessita di alcune caratteristiche come un basso rumore, sismico e antropico, che aiutano anche nella risoluzione dei problemi. Quello fondamentale è tenere fermi gli specchi dell’interferometro perché noi dobbiamo  osservare delle variazioni nell’ordine di  una frazione di nucleo atomico . Per esemplificare è come studiare la variazione del livello dell’oceano a cui è stata aggiunta una bottiglia d’acqua. Le caratteristiche del luogo aiutano sia nella costruzione che nella realizzazione dell’esperimento».

Et avrà un impatto ambientale?
«L’impatto sul territorio sarà bassissimo perché a parte i tre vertici con le torri di uscita dalle gallerie sarà tutto sotto terra. Non è previsto l’utilizzo di alcun materiale radioattivo».

Et può essere una speranza per le future generazioni?
«Se Et verrà costruito in Sardegna molti giovani saranno direttamente o indirettamente coinvolti. Non soltanto ricercatori ma anche altre figure. Le ricadute saranno a livello anche culturale e per tutta la società».

La realizzazione di un parco eolico nelle vicinanze del sito potrebbe inficiare la qualità del sito?
«Sicuramente avere una zona di cuscinetto, intorno soprattutto alle caverne dove verranno costruite le torri che reggono gli specchi, questo è necessario. Avere perturbazioni creerebbe vibrazioni nel terreno che a una certa distanza dall’Et può creare disturbo all’interno del sito. Più lontane sono queste strutture meglio è per la ricerca. Bisogna trovare un compromesso. Ipotizzo un cuscinetto, un’area di rispetto».

Condividi
Titolo del podcast in esecuzione
-:--
-:--