22 Novembre 2022
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Pubblichiamo i passi principali dell’omelia del vescovo Antonello per la festa della Madonna delle Grazie del 21 novembre, con riferimenti alle seguenti letture bibliche: Sofonìa 3, 14-18; salmo 102; Apocalisse 21,1-5; Luca 1,39-56.
Non è difficile oggi invitarci tutti a “chiedere grazie”, ma spero sia anche l’occasione di “rendere grazie”, avendo come modello la Vergine Maria che, fin dal primo momento, ha ringraziato il Signore per averla scelta come madre del Figlio di Dio. (…).
Riconoscenza e gratitudine crescono quanto più mi accorgo che non ho nulla da contraccambiare (…). Maria sembrava destinata a un’esistenza simile a tante altre e che viveva già da promessa sposa, quando riceve l’annuncio dell’angelo lascia tutto e si mette a servizio di un compito più grande. (…).
Qual è infatti il momento in cui dice sì all’Angelo? Coincide col venire a sapere che anche sua cugina Elisabetta sta per partorire. Questa notizia la sblocca e Maria riconosce che da sola non può affrontare questo compito, ha bisogno della compagnia di una sorella, di un’amica; ha bisogno degli altri.
La Visitazione rivela Maria a Elisabetta ed Elisabetta a Maria, ed entrambe ci ricordano il valore della gratuità condivisa, insegnando a tutti, anche alla Chiesa, l’importanza di un lavoro di squadra. (…).
Quando Maria dice: “Eccomi”, non lo dice solo a Dio ma anche a tutta l’umanità. Dire “Eccomi” corrisponde a dire: “ci sono”, “ci sono per te”. Tutto il contrario del “tirarsi indietro”, del non prendersi una responsabilità: atteggiamenti che generano morte. La Chiesa e la società sarebbero diverse se tutti ogni giorno dicessimo: “Ci sono, mi prendo le mie responsabilità”.
Nel brano evangelico colpisce quell’andare in fretta di Maria verso sua cugina. (…). Dio ci incoraggia a chiederci cosa possiamo fare per gli altri e ci chiede se i nostri pensieri sono quelli che lui ha per l’umanità.
Non sono pensieri di Dio, ad esempio, celebrare i grandi di questa terra – erigendo loro dei troni – e contemporaneamente dimenticare i piccoli e i poveri. Non è pensiero di Dio cantare nelle chiese con disinvoltura che Dio ha rovesciato i potenti dai troni e poi non avere a cuore chi è ultimo o indifeso.
Se Dio stesso ha vissuto in un grembo e ha avuto bisogno come ciascuno di noi della custodia di una madre, metaforicamente ogni fragilità personale e sociale ha necessità di tutele e di cure, ha bisogno di amore, perché la vita nasca e rinasca continuamente. (…).
Significativo l’abbraccio tenero di queste due donne, Maria e sua cugina Elisabetta. (…). E’ sempre la bellezza dei rapporti che crea riconoscenza e alimenta la gratuità. La storia di Maria, anche in questo senso, ci accompagna e ci provoca. Parla a tutti noi e quindi parla a questa nostra Chiesa che non può rimanere ferma (…).
E se davvero il Signore viaggia con noi lo dobbiamo dire e dimostrare tenendo la mano di chi trema e suda per le doglie di qualunque parto che sa di nascita, di germoglio, di inizio.
E quanti inizi dobbiamo incoraggiare e abbracciare! C’è chi inizia un amore, chi un lavoro, chi avvia un percorso di studi, chi una ricerca, e c’è chi inizia – non ultimo – un cammino di fede! (…).
La storia di Maria parla anche a questa società che non sa amare la gratitudine, anzi la scoraggia. Abbiamo professionalizzato tutto e con la burocrazia dimenticato chi è nel bisogno.
E abbiamo creato sistemi nei quali i numeri contano più delle persone.
Anche i luoghi di servizio alle persone sono sempre più dediti a mantenere gli standard stabiliti che a occuparsi di chi ha bisogno di aiuto. Paradossalmente, se in un ospedale un medico o un infermiere vuole prendersi cura dei malati andando oltre i parametri previsti, viene penalizzato perché fa scendere gli standard totali previsti in una giornata. Muoia pure chi deve morire, purché si salvi il sistema!
Così la persona non è più al centro, non è cercata in quanto ha un bisogno, ma in quanto è un numero, del quale ci si deve occupare senza andare oltre quanto è previsto.
Giusto chiedere delle grazie a Dio attraverso Maria, ma chiediamoci anche se apprezziamo la gratuità e la promuoviamo! Chiediamoci se i luoghi della consolazione siano ancora luoghi della bellezza e dell’incontro, del servizio reciproco.
Che delusione verificare, ancora nella sanità pubblica, che i posti letto, le prestazioni mediche e le cure necessarie siano circoscritte, e quando si superano le quote stabilite ci si deve rivolgere al privato o recarsi fuori dall’Isola.
E come si può accettare che si legittimi la scelta di poter lavorare a gettone, liberandosi così dalla responsabilità di prendersi totalmente cura dei malati?
E come giustificare, di conseguenza, un servizio sanitario che cronometra l’attenzione ai malati e professionalizza la salute?
Certo, la gratuità non significa avere tutto o dare tutto per scontato, ma essa può e deve salvaguardare la dignità di ogni persona, anche nel momento della malattia e della sofferenza.
Giusto ricordare che la gratuità dei servizi essenziali alla vita e alla salute deve essere garantita, deve essere difesa e deve essere incoraggiata. Questa è una grazia da chiedere come diritto, non come una concessione di qualcuno per guadagnarsi consensi, perché è insopportabile assistere all’ingiustizia e non poter fare nulla.
A pagare, altrimenti, saranno sempre i poveri, perché gli altri conoscono molte strade per salvarsi. Il povero ha bisogno della gratuità, dell’attenzione e della cura che altri possono permettersi con i soldi e col potere. Il povero deve purtroppo chiedere, implorare, deve mendicare e per questo darà sempre fastidio a chi è potente e ha in mano le leve del comando.
Come credenti continuiamo a ripeterci che Dio continua ad essere gratuito verso di noi, e che Maria è una madre che si è preoccupata da subito della gioia altrui. Celebrare oggi tutto questo ci incoraggia e ci conforta. E ci provoca a ri-imparare la solidarietà, ad essere riconoscenti per i doni ricevuti, a promuovere attenzione e cura verso chi non ha nulla in contraccambio se non la gratitudine.