Nel tempo che si muove
di Lucia Becchere

13 Marzo 2021

4' di lettura

Poeta introspettivo e raffinato oltre ogni forma di volgarità, violenza e egoismo, con i suoi versi aderisce ad una realtà in continua evoluzione che talvolta ci sorprende in positivo ma molto spesso ci fa stare male. Questo è Giovanni Graziano Manca (Nuoro 1962) autore della silloge Nel tempo che si muove edita da Antipodes (Palermo). Nella sua scrittura il poeta, prendendo atto della situazione in cui viviamo, soffre nel mettere a confronto l’oggi coi tempi andati. Il suo è anche un viaggio interiore fatto di immagini, emozioni e stati d’animo, alla ricerca della ragione dei tanti problemi irrisolti della vita. Graziano, perché questo titolo? «Poiché viviamo in mezzo a grandi cambiamenti, alcuni positivi altri un po’ meno, ho cercato di calarmi in questo tempo magmatico che ci lascia in balia di noi stessi e proprio per questo abbiamo bisogno di certezze per poterci aggrappare a qualcosa». Cosa vuol dire essere poeta? «Essere poeta vuol dire vivere e rilevare in modo diverso la realtà. Ognuno di noi ha una propria sensibilità, ma quella del poeta è fuori dal comune e in quanto “accumulatore” di emozioni ha il privilegio di osservare tutto quello che ha intorno da una angolazione privilegiata». Quale il tuo messaggio e a chi ti rivolgi? «Viviamo in un periodo di incertezze e non abbiamo ricette nemmeno per noi stessi. Mi rivolgo a tutti indistintamente, esorto l’uomo a riflettere sulla mancanza della comunicazione fra le persone, sul multiculturalismo e sugli spostamenti delle popolazioni meno fortunate verso le più ricche». Quali i tuoi poeti preferiti e perché? «Ungaretti e Montale la cui scrittura ermetica sento più spontanea e immediata, ma anche Walt Witman padre della poesia americana e inventore del verso libero e Raymond Carver capostipite del minimalismo e tanti altri». Giovanni Graziano Manca insiste sul valore salvifico della poesia che«ha il sapore del sollievo» e di come il poeta, condannato alla solitudine in quanto incompreso dal volgo (Beaudelaire L’Albatros), va alla ricerca incessante dell’infinito «meditazioni ripercorse/nel reticolo dei sogni vagabondi”! I miei tormenti di uomo/che brama l’infinito/La dannazione dei poeti che vivono soli». Per l’autore l’uomo e la natura, intrecciando i respiri come tele di ragno, sono eterni compagni di viaggio uniti da «identiche solitudini», la notte dirada il dolore e la speranza placa ogni inquietudine mentregli affetti nutrono la poesia e sublimano la fatica annullando egoismi, conformismi e «fascismi striscianti». La preghiera irradia il sereno e il suo canto carico di fede, celebra il giorno fin dal mattino. Il tempo «sparge miele sulle ferite», il mare al pari dellavecchiaia è libertà nella solitudine e l’uomo, lottatore incessante, si aggrappa alla vita come «la vite ai legni/come le mani al bracciolo». Infine l’autore si congeda con l’immagine serena dell’uomo non più giovane che dimentico delle chiassose emozioni, coi gomiti poggiati sul davanzale sovrappensiero, si lascia rapire dal passo veloce dei passanti e dal profumo delle erbe e dei fiori, mentre col pensiero va alla ricerca dell’orto, delle rose, degli anni verdi e della verità. Giovanni Graziano Manca autore di numerose raccolte di poesie, è un apprezzato pubblicista, collabora con quotidiani e riviste sui più svariati temi culturali.

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