28 Settembre 2022
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Nel voto del 25 settembre ci sono aspetti di grande rilievo storico. Per la prima volta, nell’Italia repubblicana, vince un partito apertamente di destra seppure chiaramente postfascista. Stavolta l’allarme per un ritorno alla dittatura, lo spettro di involuzioni anticostituzionali e gli appelli degli amici europei a quelli nostrani hanno lasciato indifferenti gli elettori. Una solfa, per dirla con Massimo Cacciari, diventata noiosa. Condita poi da programmi molto incentrati sui diritti civili, ossia dei benestanti, e molto immemore dei bisogni sociali che riguardano la maggioranza della popolazione. In ogni caso l’Italia non è l’unico Paese a registrare una svolta a destra: qualche settimana fa, in Svezia, per vincere è stato determinante un partito che ha origini addirittura dichiaratamente neonaziste, purgate negli ultimi decenni. In Francia, Germania e Spagna soffia un’aria molto simile.
Altra novità storica è che per la prima volta le elezioni politiche sono vinte da una donna, la quale sarà con molta probabilità anche la prima Presidente del governo nazionale. Sono i paradossi della politica: i partiti di sinistra parlano molto delle quote rosa e dell’importanza delle donne nelle istituzioni. Poi accade che Berlusconi porti in Parlamento più donne di quante elette in decenni dai partiti di sinistra e le indichi come ministre. Fino ad arrivare ad una destra a guida femminile.
Altra novità assoluta è il livello record raggiunto dagli astensionisti. Alle urne si sono recati solo il 63% degli aventi diritto (in Sardegna il 52,5). Il dato più basso, in una elezione politica, da quando l’Italia è una Repubblica. Il “partito” dell’astensione rappresenta circa 16 milioni di cittadini. Di poco aiuto si è rivelato l’abbassamento dell’età a 18 anni per votare al Senato. Anzi, è proprio tra i giovani che si riscontrano le quote maggiori di astensione. La disaffezione alla politica ha portato l’Italia a perdere il suo tradizionale primato europeo nell’affluenza elettorale.
Tra le novità vi è anche il numero di parlamentari uscenti che resteranno a casa. Da un lato c’è la riduzione dei seggi che ha portato alla decimazione già in fase di candidature; dall’altro c’è la volontà di mettere da parte anche personaggi di primo piano come ad esempio Di Maio (ministro degli Esteri uscente ed anche qui caso unico nelle elezioni politiche), Emma Bonino, Monica Cirinnà, Pippo Civati, Vittorio Sgarbi e tanti altri. Colpa anche delle candidature fatte col “paracadute”, ossia dislocando i candidati in collegi diversi da quelli di appartenenza, che finiscono per indebolire il rapporto con gli elettori. Infine c’è un dettaglio non storico ma che sa di storia. Ambienti radical-chic hanno intravvisto un’ingerenza esterna nei documenti della Conferenza Episcopale Italiana, peraltro improntati al rispetto delle regole del gioco e all’invito a valutare, in base alla dottrina sociale della Chiesa ed al bene comune, le diverse proposte programmatiche in campo. Nulla da dire invece sulle intromissioni, davvero pesanti di figure istituzionali tedesche, francesi, americane e lobby di consueta consorteria.