10 Maggio 2021
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Curarsi a Nuoro, in città e in provincia, è difficile. Questo è un fatto, anzi è un problema che andrebbe risolto, non solo denunciato. Chi siede in Consiglio regionale, in Giunta, in Comune, non dovrebbe descrivere le difficoltà, dovrebbe proporre e realizzare soluzioni, esattamente ciò che invece non accade. Tutto è immagine, tutto è parola, poco o nulla è responsabilità e governo. Ci pare che sul diritto alla salute di chi vive nel Centro-Sardegna, fermo restando il ringraziamento per i tanti operatori sanitari che in questo periodo di Covid si sono spesi con abnegazione, si scontino debolezze di visione, incapacità di gestione e superbia di rappresentazione. La visione è ancora quella incardinata nel Piano Sanitario Regionale della Dirindin, con Nuoro dichiarato terzo hub insieme a Cagliari e Sassari, ma in realtà dopo Cagliari e Sassari. Questa visione che partiva dagli ospedali e dai modelli astratti della sanità del Nord Italia, oggi, in tempo di pandemia, è stata smentita dai fatti. Si sarebbe dovuto partire dalla medicina territoriale, dai medici di base, dai poliambulatori e arrivare agli ospedali. Non era difficile comprendere che una società debole genera una sanità debole. Un ospedale di riferimento in un territorio che perde continuamente abitanti, che ha un sistema scolastico precario, che non produce ricchezza e invece la consuma, è esattamente la cattedrale nel deserto di cui si parlava ai tempi della chimica. Esso ha tutte le fragilità di chi non ha retroterra, di chi ha poche connessioni, di chi deve sempre misurarsi con piccole egemonie locali, piccole fortune personali, che poi si trasformano in microtirannidi. Se c’è una cosa diffusa, spesso, nei reparti nuoresi e negli uffici, e talvolta anche nelle parole e negli atteggiamenti dei dirigenti, è la supponenza legata alla funzione. Noi, come tutti gli uomini, abbiamo bisogno di tenerezza e attenzione, non di esibizioni di forza. Il territorio deve generare il suo ospedale, deve creare le condizioni perché bravi medici amino venire qui a lavorare e a restarci, deve inventare modelli inediti di tutela della salute, congruenti con le peculiarità di questo territorio. La sanità nuorese ha bisogno di una nuova visione che può maturare solo dentro una nuova cultura politica, il cui perimetro è tutto nella Fratelli tutti di Papa Francesco, una enciclica contro lo spirito attualmente vincente nel mondo, ma condotta a partire da un amore infinito per il mondo e per l’uomo. A Nuoro, questa enciclica appare non letta o, se letta, poco capita. Al difetto di visione sulla sanità nuorese si affianca il difetto di gestione, la consueta e ripetuta costruzione della filosofia degli alibi per cui la responsabilità è sempre di qualcuno che sta fuori dalla cinta daziaria di Nuoro in modo da lasciare inalterate le piccole gerarchie interne, con i vari galloni stipendiati, con le efficienze mirate e le inefficienze diffuse. Possibile che non ci si metta mai umilmente in discussione? Possibile che sia sempre colpa della Regione e mai colpa nostra, del nostro vizio di chiuderci in una dimensione tribale, del nostro privilegiare l’amico piuttosto che l’uomo? Possibile che solo noi uomini di Chiesa sentiamo l’esistenza di questa cappa che a Nuoro unisce anche gli opposti e smorza ogni innovazione, imbriglia tutto dentro una ragnatela inestricabile di relazioni, impedisce il cambiamento che l’alternanza degli schieramenti politici dovrebbe invece realizzare? È solo una nostra sensazione questa percezione di ingessatura, di immobilismo, di chiusura politica e sociale? Infine, c’è pure da fare i conti con la rappresentazione di sé. Purtroppo Nuoro non ha più un letterato della potenza di Salvatore Satta, ma se fosse esistito avrebbe con certezza saputo rappresentare il mare di dolorosa (per noi) superbia che scorre nelle vie granitiche che corrono tra Piazza Italia e Corso Garibaldi, unendo il Comune, la Provincia, la Camera di Commercio e la Asl. Lo diciamo con profondo dolore: troppe maschere, troppe finzioni, troppi giochi degli specchi, dinanzi ai quali noi non opponiamo un giudizio, ma il sacrificio della nostra vita di credenti, condotta su sentieri diversi da quelli della gloria locale. Noi preghiamo e agiamo per la verità di Nuoro.