Perché l’anniversario non vada sprecato
di Mario Demuru Zidda

2 Settembre 2021

8' di lettura

Gentilissima Signora Deledda,  dopo un lungo silenzio intercorso fra Lei e i Suo concittadini, e dopo una timida (e tiepida, per molti versi) ripresa di dialogo in tempi più recenti, La vedo oggi finalmente presiedere alla mensa in cui si ciba lo spirito della cultura cittadina: pacos istranzos… qualche accademico, qualche mercante di mercanzia letteraria, nessuno che venga di là dal mare… insomma zente de bichinau, festa di famiglia per il Suo 150 compleanno. Con un pizzico di stravaganza, in verità, visto che la festa si protrae fino al compleanno successivo, a guisa di un brodo troppo allungato. Certo che in questi Suoi 150 anni Le è toccato di vederne di stravaganze!… non prive, perfino, di qualche bassezza  ( sentimento che non risparmia i nuoresi semplicemente perché tali) , tipica di quell’ambiente un po’ asfittico e di quelle  mentalità ristrette che Lei ha ben conosciuto e saputo cogliere con oggettività  (ma anche con la Sua  acuta coscienza morale), o scansare e perdonare generosamente, accogliendo con grande cortesia e curiosità quanti La venivano a visitare in qualità di concittadina ormai celebre, di quando in quando sbarcati a Roma per il disbrigo dei loro affari… incontri di avvocati e onorevoli, per lo più . Ricordo il disagio provato per una maldestra operazione di marketing territoriale, quando la rivista di una benemerita “arma” pubblicò un articolo in cui Le si attribuivano i natali in un paese fra quelli citati nei sui romanzi… piccole fallaci scorciatoie che l’uomo minuscolo cerca di imporre alla Storia! Poco male… se non fosse che da allora “forzature” ne sono state fatte tante, in un’ottica di concorrenza/competizione tanto fuori luogo da rasentare forme di un provincialismo che ci ha impedito (e tutt’ora ci impedisce) di “fare sistema”; un caso per tutti: il Parco Letterario a Lei intestato; un fallimento segnato da insipienza, bassi sentimenti, incompetenza … e distribuzione di benefici di varia specie, che si riverberano tuttora sul nostro presente… Mentre Le scrivo, cerco di immaginare cosa Lei avrebbe potuto pensare della totale mancanza di generosità che ha segnato la cessione , a titolo assai oneroso,al Museo a Lei intestato, che è stata la sua casa… luogo di ispirazione e di ambientazione  per alcune sue opere, dove stanno le sue più profonde radici esistenziali…di molte suppellettili a Lei appartenute, a partire dalla Medaglia e dal Diploma attestante il Premio Nobel a Lei attribuito ,che tanto raccontano di Lei e della Sua personalità di donna e di grande letterata. Oggi poi questo desiderio di fare mercato di qualunque memoria, prima fra le quali della Sua, sta assumendo forme a mio modo di vedere aggressive, sia quando, talvolta, vengono paludate della ufficialità di “iniziativa culturale” , sia quando promuovono esplicitamente beni materiali o immateriali che in modo surrettizio evocano il Suo nome. Perfino l’aneddotica su di Lei registra molte stravaganze: prima fra tutte, quella riguardante il presunto/preteso mistero dello scambio della Sua salma con quella di un -per carità, degnissimo- maresciallo del sassarese, al momento della traslazione e tumulazione dal Verano alla piccola chiesa della Solitudine. Per quanto una “stravaganza” vera ci fu, accompagnata da chiacchiere pruriginose, con la necessità di inumare in una nicchia sotto le mura della chiesa, anziché nel sarcofago di granito predisposto al suo interno, per un errore nel realizzare la bara di zinco entro cui vennero trasportate, le Sue spoglie mortali. Fu proprio negli anni in cui mi trovai ad essere “primo cittadino” che, assieme ad un restauro della chiesetta a Lei cara, fu possibile metter riparo a quel lontano errore: ormai è dal 2006, ottantennale dell’assegnazione del Premio Nobel, che Lei riposa nella pace “de sa Solidade”. Ho un ricordo personale emozionante del momento in cui, nel più stretto riserbo di una prassi ufficiale, fu possibile vedere la Sua salma… di una minuta signora avviluppata in un silenzio sidereo, ricoperta di un velo, che imponeva il rispetto della meditazione: una Grande davanti a noi, con sul petto un crocefisso di metallo bianco, e ai piedi, nascosto dal velo, un piccolo libro… un vangelo, di San Matteo si disse. Fu un’impressione fortissima, che mai si potrebbe dimenticare. Torniamo dunque all’oggi, al tempo in cui sta la vera ragione per cui scriverLe. Prendo spunto dall’impressione ricevuta dai recenti annunci di quelli che saranno i “piatti forti” delle celebrazioni per il suo 150^: convegni, vetrine internazionali e attività di intrattenimento e di produzioni teatrali/musicali/letterarie/artistiche nel Suo nome.  Niente da dire sulle produzioni: apprezzabili approcci creativi, spesso innovativi, alla Sua scrittura e al Suo mondo letterario. Sui convegni, da tempo, pur riconoscendone il valore, nutro riserve su quanto riescano a stare fuori dal rito celebrativo, ripercorrendo strade storico/critiche già abbondantemente calcate (fatta salva qualche nuova fioritura, ai margini delle strade maestre della critica ufficiale); ma di veramente inedito, dal punto di vista della critica letteraria e della ricerca, quanto resta?… basta qualche modesta scoperta epistolare per giustificare la sovrabbondante produzione di convegni sempre molto simili per struttura, pubblico, e protagonisti? Perché non si assiste (quasi) mai a una lettura veramente nuova, fatta da scrittori e critici di chissà quali parti del mondo, compresa la Sardegna, perché abbiano affinità con Lei, i Suoi linguaggi… o viceversa, perché segnino da Lei una distanza dialetticamente interessante? Eppure risulta perfino a semplici lettori come me di venire a conoscenza di studiosi, in diverse parti del mondo, che si occupano o si sono occupati di Lei. E comunque sarebbe interessante anche “provocare” queste letture fuori contesto… magari di altre/altri Nobel per la letteratura nostri contemporanei (si era già pensato a Orhan Pamuk: che fine ha fatto quell’iniziativa?). Potrebbe essere la chiave per aprire un nuovo confronto fra i nostri studiosi e queste personalità “altre” da noi, geograficamente, culturalmente, antropologicamente. Altrettanto direi per nuove, aggiornate traduzioni, che non solo allarghino geograficamente la conoscenza dei suoi romanzi, ma ne forniscano una lettura profondamente rinnovata, con “sensibilità” nuove nello studio della Sua scrittura, della sua personalità letteraria. Le confesso l’altra mia perplessità, che riguarda quel certo “glamour”… quella certa voluta e ricercata fascinazione esotica che mi pare di cogliere in alcune iniziative e proposte di “vetrina”… non so… forse bisognerà stare a vedere, e a Lei non mancherà certo la pazienza di farlo, avendo già tanto visto e sentito al Suo stesso proposito! A questo punto, avrà ben capito che per questo doveroso e propizio festeggiamento io avrei visto meglio iniziative di “lettura attrezzata”…chiamiamola così; cioè di una lettura pubblica guidata da grandi personalità di diversi campi e discipline, che si prestassero a una condivisione del loro esercizio critico nella lettura delle Sue opere. Avrei visto meglio un pieno coinvolgimento, nell’ Isola, e per quanto possibile fuori di essa, del sistema bibliotecario e scolastico di ogni livello, con iniziative appropriate agli specifici contesti. Avrei alimentato, in modo diffuso, la nascita di “gruppi di lettura” di quartiere, di condominio, “in pratta”, come si sarebbe detto ai Suoi tempi, (e magari, avrei pensato a una modalità di confronto fra di essi, a mo’ di gara poetica), col coinvolgimento dell’editoria sarda, e cittadina nello specifico,  così da diffondere in modo più capillare e “popolare” la conoscenza della Sua opera. Insomma, gentile Signora, meno effetti speciali e più costruzione di strutture cognitive e divulgative della Sua opera… più formazione alla lettura: più critica, più competente, più consapevole. Sarebbe stata, a mio modo di vedere, un’occasione per riequilibrare i rapporti fra Lei e la Sua comunità d’origine (e i sardi di ogni dove): rapporti ondivaghi ed erratici e legati agli umori del tempo; che oggi, tuttavia, possono basarsi finalmente su una maggiore e diversa consapevolezza e maturità di noi nuoresi nei Suoi confronti. Mi rendo conto di stonare un pò, rispetto al coro, ma lo faccio con spirito costruttivo, pensando che nella troppa uniformità di pensiero e di vedute e di consenso c’è sempre qualcosa che non va. Con stima e ammirazione, da un suo devoto concittadino postumo. © riproduzione riservata

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