28 Maggio 2022
3' di lettura
In occasione della 56ma Giornata delle Comunicazioni Sociali
il contributo di Michele Spanu, Ufficio regionale per le Comunicazioni sociali
Paradossalmente, se c’è un settore lavorativo che non occupa le prime pagine dei giornali, questo settore è proprio quello del lavoro giornalistico. Eppure si tratta di un mondo sul quale si potrebbero versare fiumi di inchiostro – se solo lo si volesse – per raccontare storie di precarietà e di insicurezza lavorativa, dove collaboratori retribuiti con una manciata di euro ad articolo attendono per anni, alcuni addirittura per decenni, un’assunzione o almeno un riconoscimento sul piano contrattuale della loro professionalità.
Uno scenario presente anche nella nostra terra, che non è certamente immune per quanto riguarda il fenomeno del precariato giornalistico. L’ultimo dossier che ha fotografato la situazione risale al 2016, curato dell’Ucsi Sardegna. Il giornalista Alessandro Zorco, che ha realizzato l’indagine dopo mesi di lavoro, ha scoperto che su un migliaio di giornalisti operanti nell’isola circa 800 sono precari. Parliamo di lavoratori che riempiono le pagine delle testate locali e regionali. Parliamo di contribuenti che pagano regolarmente le tasse e i contributi previdenziali che alimentano le pensioni dei colleghi stabilizzati. Parliamo di giornalisti pubblicisti o addirittura professionisti iscritti all’Ordine e costretti ad accettare, a denti stretti, retribuzioni che non permettono certamente di fare un progetto di vita o di mantenere una famiglia.
In occasione della giornata mondiale della comunicazioni sociali, dedicata al tema dell’ascolto, sarebbe opportuno che i giornali, le televisioni, le radio della Sardegna si mettessero realmente in ascolto delle tante storie lavorative di chi, nel corso degli anni, ha contribuito alla realizzazione tecnica e professionali di quelle stesse testate. Sono storie complesse, che si intrecciano con vertenze editoriali, operazioni di accentramento, promesse politiche. Ma sono storie sconosciute del grande pubblico e che vanno raccontate per dire ai lettori, agli ascoltatori, ai telespettatori che la qualità dell’informazione non può essere mai slegata dalla qualità del lavoro giornalistico.
Un esperimento per coloro che ci leggono. Provate a digitare su Google: giornali online, proposte di lavoro. Spunteranno come funghi le testate che cercano collaboratori chiamati a scrivere gratuitamente, o che nel migliore dei casi verranno retribuiti in base alle visualizzazioni degli articoli. Queste proposte di “lavoro”, dettate in alcuni casi da editori senza scrupoli, sono il più grande attentato all’etica stessa del giornalismo. I lettori dei giornali, anche dei giornali online regolarmente registrati, hanno il diritto di pretendere un’informazione rigorosa, seria, attendibile. Ecco perché è sacrosanto per i giornali parlare delle tante vertenze dell’industria, del commercio e del turismo, ma almeno una volta all’anno, almeno per la giornata delle comunicazioni, proviamo a guardare al nostro prossimo, a quel giornalista precario che lavora tutto il giorno, accumulando collaborazioni e uffici stampa, ma non riesce ad avere uno stipendio dignitoso.