Gino Bulla
Quei laici che anticiparono il Concilio. In ricordo di Gino Bulla
di Franco Colomo

20 Luglio 2024

8' di lettura

Il 19 luglio, all’età di 90 anni, è morto ad Assisi Gino Bulla. Lo ricordiamo riproponendo questo colloquio pubblicato sul nostro settimanale nel novembre del 2016.

Ci sono persone con cui si potrebbe parlare per ore e che è un piacere stare ad ascoltare tale e tanta la ricchezza dei racconti, dei ricordi, degli aneddoti. Gino Bulla è una di quelle. Giornalista, fotografo, sportivo, ex impiegato di banca, soprattutto – da oltre 50 anni – volontario della Pro Civitate Christiana di Assisi. Lo incontriamo a Nuoro, qui viene almeno una volta l’anno prima di proseguire il giro per salutare i parenti, ospite della sua amica di vecchia data Luciana Canargiu. Affascinata dal carisma dell’associazione segue lei pure con passione, pur a distanza ormai, le attività della Cittadella. Nato a Orani, Gino si è dovuto trasferire da piccolo a Villacidro per seguire il padre (originario di Anela) chiamato a dirigere la locale stazione della Forestale e successivamente a Cagliari, dove ha compiuto gli studi, liceo e università. Lì ha anche coltivato la sua passione per lo sport, dall’atletica, al basket alla pallavolo, è stato anche campione universitario di hockey su prato e ha giocato sempre a calcio, nel ruolo di portiere, anche da impiegato partecipando ai tornei interbancari.

La svolta della sua vita è avvenuta nel 1960. «Avevo 27 anni – racconta – quando capitò in città la missione della Pro Civitate. Ero in ferie ma trovai l’invito per andare a sentire. La cosa significativa, che mi colpì, in un momento in cui il mondo cattolico a Cagliari non era molto brillante, era che dei laici predicavano il Vangelo, predicavano Gesù Cristo. Fu travolgente per me. Mi fece riscoprire un modo di essere cristiano». Gino fece maturare quel seme, per tre anni: «Mi abbonai a Rocca (il quindicinale della Pro Civitate ndr), leggevo ciò che si faceva ad Assisi, infine scrissi loro cosa avrei dovuto fare per entrare. Quando giunsi ad Assisi mi dissero “vieni, vedi”. Si poteva entrare come volontari – così si chiamano gli appartenenti alla Pro Civitate – fino a trent’anni, io arrivai due giorni prima di compierli, era il 2 agosto, festa del Perdono di Assisi. Così lasciai tutto e andai a vivere in Cittadella». Non è stata una cosa semplice, ai volontari, tutti laureati, era richiesto lo studio della teologia ma soprattutto la disponibilità totale a mettersi in gioco per l’evangelizzazione. Erano loro i primi missionari: «Da subito, dopo la promessa (i volontari non esprimono voti ma vivono nella libertà la promessa di castità e povertà ndr), girai l’Italia, da Bolzano a Siracusa, e andai anche all’estero – racconta. Le missioni si facevano fuori dalle chiese, ai crocicchi delle strade ma bisognava essere preparati, convinti del proprio essere cristiani. Questo modo di vivere insieme fu decisivo: pensare che noi siamo i portatori di Cristo, senza che il prete dica cosa fare. Dovevamo testimoniare quello che vivevamo, senza fare prediche ma discutendo alla luce di quello che un cristiano è, ecco la mia fede da usare concretamente. Questa fu l’intuizione di don Giovanni». Don Giovanni Rossi è l’ideatore e il motore della Pro Civitate Christiana, attorno a lui si sono radunati tanti giovani che hanno contribuito a fare la storia, non solo dei 75 anni dell’associazione, festeggiati lo scorso anno, ma anche contribuito al cammino della Chiesa. Don Rossi, da segretario del cardinale Ferrari a Milano animò una diffusa attività sociale e missionaria. Dopo alterne vicissitudini e atroci delusioni arrivò ad Assisi dove la nuova associazione nacque nel 1939. Tutto muoveva da lui, era il punto di riferimento per le attività della Cittadella: le missioni, il giornale – nato già nel ‘39 – e poi la casa editrice. Il primo Corso di studi cristiani (nell’agosto di quest’anno è giunto alla 75ma edizione) fu dedicato agli articoli del Credo, poi ci furono i convegni giovanili, gli studi biblici, i seminari per le coppie, una attività ininterrotta anche dopo la sua morte avvenuta nel 1975 e sino ad oggi. «Il suo tratto distintivo fu la fiducia nei laici – ricorda Bulla. Era sicuramente più avanti, ad Assisi parlammo di riforma liturgica già due anni prima del Concilio, noi laici potevamo parlare durante le celebrazioni, uomini e donne, un mondo “altro” nella Chiesa». In questo anticipò il Concilio e molti movimenti ecclesiali nati successivamente: «Singolare fu la sua amicizia con Giovanni XXIII, si davano del “tu”, avevano sensibilità affini – racconta Bulla – e una visione della Chiesa già diversa quando ancora l’uno era a Milano e il futuro Papa segretario del vescovo di Bergamo».

Non solo precursori del Concilio. L’altro aspetto portante della Pro Civitate e l’attenzione per la cultura, il dialogo con il mondo moderno, a tutto tondo: con questa filosofia nacque negli anni Sessanta all’interno della Cittadella l’Osservatorio Cristiano, luogo di documentazione e studio, un centro che oggi si direbbe multimediale, costituito da una Biblioteca con oltre ottantamila volumi, una Galleria d’Arte contemporanea, una fonoteca e una cineteca. Grazie a questa apertura la Cittadella è stata da sempre crocevia per incontri straordinari, uno su tutti quello con Pier Paolo Pasolini che proprio qui trasse l’ispirazione e decise di girare il suo capolavoro: Il Vangelo secondo Matteo. C’è poi l’attività editoriale, la casa editrice e la rivista di cui Bulla è attualmente responsabile: «Questi due mezzi – afferma – sono stati fondamenti di un nuovo slancio dopo il Concilio per viverlo e applicarlo, abbiamo sempre insistito su quei temi e sul ruolo dei laici, i cristiani devono essere i veri trasmettitori di Cristo. Con questo spirito cerchiamo con Rocca di toccare le tematiche che sono importanti per l’uomo, rivestendole di Cristo. Spesso senza dirlo esplicitamente in modo che chi legge è costretto a capire perché una certa lettura nasce da un certo contesto, che si tratti di salvaguardia dei diritti dell’uomo o di politica internazionale tutto il lavoro della rivista è incentrato su questo».

Accanto al lavoro di giornalista, Gino continua in Assisi a curare la passione per la fotografia, tenendo corsi a cui si iscrivono tanti ragazzi. Li si può vedere con loro in giro per la città e poi a discutere per ore sul lavoro da portare avanti. In questi anni diversi gruppi hanno curato ricerche sulle Feste del Maggio, sulle piazze, sui mestieri che scompaiono, sui luoghi dello spirito in Umbria, attualmente recensiscono le cappelle degli ordini religiosi nei conventi di Assisi: «Non è vero che i giovani non s’impegnano – afferma – sono vivi, lavorano». La realtà che viviamo e anche quella della Cittadella pongono però anche degli interrogativi. A distanza di tanti anni c’è una certa misura di delusione? «Non dobbiamo guardare ai numeri – risponde Bulla – è da sottolineare invece il fatto che oggi c’è un sentire più largo intorno alle tematiche su cui abbiamo spinto». La Pro Civitate Christiana sta vivendo un momento di riorganizzazione, «c’è il problema dell’unica sede di Assisi – riconosce –, abbiamo inserito coppie sposate, rimane la questione delle vocazioni, che noi chiamiamo scelta». Comunque vada il futuro, Gino è convinto della propria scelta ed è felice: «Se anche andassi via – dice – rimane ciò che ho acquisito, essere un cristiano che vive insieme agli altri».


Che cos’è la Pro Civitate Christiana

La Pro Civitate Christiana nasce ad Assisi nel dicembre 1939, per iniziativa di don Giovanni Rossi, che con un gruppo di collaboratori ha costituito l’Associazione di apostolato cristiano allo scopo di «contribuire a fare cristiana l’anima del proprio tempo, evangelizzando nella vita sociale nostro Signore Gesù Cristo, in filiale obbedienza alla Santa Sede e all’Episcopato». (Per conoscerla, su internet all’indirizzo www.cittadella.org) Dal luglio del 2016 ne è presidente don Tonio Dell’Olio, presbitero di origine pugliese, eletto dall’Assemblea dei volontari dell’associazione e confermato dal vescovo di Assisi Domenico Sorrentino. Dell’Olio, che succede a Chiara De Luca, è stato recentemente responsabile del settore internazionale di “Libera” e membro del consiglio nazionale di Pax Christi. Ciò di cui porta “ricordi incancellabili” è soprattutto la sua collaborazione, tra il 1985 e il 1993, con Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi. Nel corso delle attività svolte in America Latina con una rete di associazioni per il contrasto alla criminalità organizzata, ha avuto modo di conoscere l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Bergoglio con cui ha mantenuto fino ad oggi, da Papa, una feconda relazione di stima e amicizia.

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