23 Dicembre 2020
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“Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui” (Lc 33). Muovono i primi passi evangelici dentro lo stupore delle sorprese di Dio: un angelo dentro la casa di Nazareth, un angelo dentro il sonno profondo di un operaio provato dal lavoro e dall’amore drammatico e forte per la sposa. Ora, al tempio, ad accrescerne lo stupore c’è l’incontro con le ultime due figure profetiche dell’Antico Testamento: il vecchio Simeone e la profetessa Anna. Questi protagonisti bussano e noi li accogliamo perché ci offrono sguardo e ascolto, silenzio e parola, docilità e missione, i registri del vero stupore che può segnare tutta la vita: la gioiosa fecondità della primavera e i cieli tersi dell’estate, la struggente melanconia dell’autunno e l’oscuro silenzio dell’inverno. Il vecchio Simeone prende il Bambino fra le braccia indebolite dagli anni ma irrobustite dalla fede, e in lui saluta il compimento delle profezie messianiche e il dono della luce a tutti i popoli. Anna chiude i lunghi giorni di vedova nel perimetro del tempio, ma la sua vita si dilata, nell’intimità con Dio, all’impegno della missione: «Parlava del bambino a coloro che aspettavano la salvezza di Israele» (v. 38). Lo stupore è dono dello Spirito Santo. A Lui sono aperti i quattro protagonisti di questa pagina di Vangelo; da Lui sono spinti, gli uni da Nazareth a Gerusalemme, gli altri lungo i corridoi del tempio; da Lui accolgono occhi nuovi per vedere il Dio bambino e parole nuove per tradurre nella vita il significato pieno di quest’incontro. Un padre e una madre di famiglia maturano l’amore in stupore se si aprono a Dio e leggono ogni giorno le linee del suo progetto su di loro, se rivivono il sì sull’altare come risposta al sì di Dio per loro. In questo senso il telepredicatore americano della prima ora, monsignor Fulton Sheen, ha scritto il bel libro “In tre per sposarsi”. La cerimonia nuziale è più di un album fotografico: è la fonte donde attingere sempre il segreto dell’amore, la forza della fede, la gioia dell’unità. Giuseppe Capograssi, che l’insegnamento universitario teneva lontano dalla giovane moglie, le scriveva: «Io non sono lontano da te: io sono te». Lo stupore si fa parola. Giuseppe e Maria, Simeone e Anna mostrano familiarità con la Parola di Dio, nelle parole e nei gesti fanno risuonare la tensione spirituale delle profezie messianiche, e diventano alunni del presente del Dio-bambino del Natale. In ogni famiglia c’è la Bibbia, spesso un libro tra i libri. Eppure in questi mesi di pandemia la mancanza della Messa ha ispirato la scoperta della Parola di Dio al centro di una celebrazione familiare sullo stile delle prime comunità cristiane. Lo stupore davanti al figlio. Ogni figlio è portatore del mistero della paternità di Dio. Maria e Giuseppe dalla casa degli uomini vanno alla casa di Dio per offrire il bambino al Signore. Rinnovano il proprio impegno a condividere la vocazione di quel figlio sconcertante, seguendolo nella rivelazione del suo mistero contenuto nella profezia del vecchio Simeone: Cristo segno di contraddizione, Maria trafitta dalla spada del dolore. I figli non sono solo somma di soddisfazioni e di problemi, ma anche libro aperto sullo sguardo di Dio che li accompagna insieme ai genitori. Tornando a casa, come la sacra famiglia, non fermiamoci ai canti del Natale, ma guardiamo alla Pasqua: Cristo Risorto ci fa camminare nei sentieri dello stupore e della speranza.
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