Cibo e salute. Novel foods (locuste, grilli e non solo)
L’Unione Europea li identifica come «tutti i prodotti e le sostanze alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo “significativo” come alimenti al 15 maggio 1997»
di Mariantonia Monni
4' di lettura
9 Marzo 2023

Il dibattito su “novel foods” o “nuovi cibi” è tornato recentemente alla ribalta. L’Unione Europea li identifica come «tutti i prodotti e le sostanze alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo “significativo” come alimenti al 15 maggio 1997», sono un esempio i semi di chia, il frutto del baobab, gli alimenti a base di alghe, l’olio di krill e, di recente, i tanto temuti insetti. Questi prodotti, per essere commercializzati, devono essere autorizzati dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e rispettare dei criteri: non presentare rischi per il consumatore, etichettatura corretta per non trarre in inganno l’acquirente, indicare la presenza di Ogm, di allergeni (le proteine di insetti, ad esempio, possono dare reazioni in soggetti predisposti), di ingredienti che possono avere ripercussioni sulla salute e se proposti come sostituti di altri alimenti, non avere svantaggi nutrizionali. 

Riguardo gli insetti, dal 26 gennaio 2023 potranno essere commercializzati in Ue le larve congelate, in pasta, essiccate ed in polvere del verme della farina minore (Alphitobus diaperinus). L’autorizzazione segue quella per l’uso della polvere parzialmente sgrassata del grillo domestico (Acheta domesticus), della larva gialla della farina (Tenebrio molitor), congelata, essiccata, in polvere e del consumo di locusta migratoria come snack o ingrediente alimentare. Tutti questi prodotti potranno trovarsi in alimenti di largo consumo come pane, crackers, grissini, barrette ai cereali etc. Lo scopo di introdurre nelle nostre tavole gli insetti e altre proteine alternative, sarebbe quello di rispondere all’aumento della popolazione mondiale, alla continua richiesta delle proteine animali, del loro maggiore impatto ambientale contribuendo a ridurre i gas serra e lo spreco alimentare. 

In Italia (anche per la grande tradizione alimentare) sembra poco probabile una corsa al loro consumo, mentre l’utilizzo di insetti è una consuetudine radicata in molte parti del mondo. In realtà, anche noi li consumiamo in modo più o meno consapevole perché sono contaminanti alimentari tollerati dalla legge se in piccola percentuale, infatti parti di insetti possono essere presenti nelle farine, nelle marmellate, nelle passate di pomodoro. In Sardegna poi, come in altre regioni italiane, si consumano cibi “arditi” o almeno strani come il formaggio “muhidu” o marzu, il sanguinaccio, il caglio di capretto, la testa in cassetta, la gelatina ecc. Ricordiamoci ancora che cacao, pomodori, patate, mais e spezie arrivarono in Europa come nuovi cibi che con il passare del tempo sono diventati parte integrante della nostra tradizione alimentare. È sicuramente opportuno cercare fonti di cibo alternative, ma non a discapito dei prodotti agroalimentari tradizionali la cui produzione andrebbe invece sostenuta, incoraggiata a diventare ancora più sostenibile e rispettosa dell’ambiente (come gli antichi metodi di allevamento e di coltivazione tradizionali sanno essere), redditizia per lavoratori, con il giusto riconoscimento del prezzo del prodotto e convenienti per il consumatore. 

Infine una riflessione: siamo sicuri che l’introduzione degli insetti nelle nostre tavole (per ora risulta effettivamente difficile immaginare un matrimonio o una festa paesana in Sardegna a base di grilli e cavallette seppur in farina!), basterà a ridurre realmente lo spreco alimentare? Oppure non sarebbe corretto seguire politiche agricole ed economiche più giuste per ridistribuire le risorse del nostro pianeta evitando quindi che alcuni abbiano troppo e altri muoiano di fame?

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