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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Con il termine “dieta vegetariana” si indica un regime alimentare che non prevede il consumo di cibi di origine animale. Tale modello alimentare raggruppa in realtà diverse varianti. Tra queste, la dieta latto-ovo-vegetariana (lov), la più diffusa, indicata, erroneamente, come dieta vegetariana, esclude la carne ed il pesce, ma consente il consumo di prodotti derivati come uova, latte e miele. La dieta latto-vegetariana (lv) non prevede il consumo di uova mentre quella ovo-vegetariana (ov) non contempla il consumo di latte e derivati ed infine la dieta vegana (veg) che elimina carne, pesce, latte, uova, miele e i prodotti preparati con i loro derivati (es. pasta all’uovo, strutto, brodi vari). Un regime alimentare “intermedio” tra queste varianti è il “semivegetarismo”, che prevede il consumo occasionale di cibi animali o, in alcuni casi, il solo consumo di pesce, rappresentando spesso un regime di transizione verso una dieta vegetariana vera e propria. Esistono inoltre altri regimi che hanno alcune caratteristiche comuni con la dieta vegetariana, ma più estremi e sbilanciati. I “fruttariani”, per esempio, consumano solo frutta fresca e secca, semi e ortaggi, i “crudisti vegani” (esistono anche i crudisti carnivori) consumano solo cibo crudo, essiccato o non sottoposto a trattamento termico oltre i 40°.
Contrariamente a quanto si può pensare il regime alimentare vegetariano non è una moda del momento, ma ha una storia antica. È altamente probabile che i nostri progenitori fossero “vegetariani”, non per scelta, ma per necessità. Infatti l’uomo primitivo si cibava di quello che poteva trovare in natura, quindi prevalentemente radici, frutta ed erbe. Con l’evoluzione e la capacità di realizzare i primi strumenti per la caccia e l’utilizzo del fuoco, i cibi animali iniziarono a far parte della nostra alimentazione. Considerando che cacciare probabilmente non era così semplice, il consumo di carne rimase comunque marginale, sino a quando l’uomo non iniziò ad allevare gli animali (circa diecimila anni fa). Il vegetarismo come “scelta” nacque, probabilmente, nel VII secolo a.C. come dottrina religiosa in Asia Minore (attuale Turchia) e si diffuse in India, dove le sue principali religioni (buddismo, induismo ecc) si basavano, seppur con alcune differenze legate alle diverse correnti di pensiero, sull’ahimsa (la non-violenza) verso tutti i viventi. Per tali religioni la compassione e il rispetto per tutte le creature, il non consumare carne, permette di raggiungere la “saggezza”. Inoltre mangiare carne è considerato sbagliato, anche perchè secondo la teoria della reincarnazione, da esse sostenuta, dopo la morte ogni anima può “rinascere” in un altro corpo vivente, anche animale. Venne praticato anche in Magna Grecia e Pitagora ne fu uno dei più convinti sostenitori (V° e IV° secolo) tanto che i seguaci del vegetarianesimo erano chiamati “pitagorici” fino all’800 e solo dopo si iniziò a usare il termine “vegetariani”, dall’inglese vegetable (“verdura”). San Benedetto nella sua Regola, stabilì, se si era in salute, di non consumare carne, pratica mantenuta da alcuni ordini religiosi (frati minimi, certosini). Oggi il numero di persone che seguono tale regime alimentare è in costante aumento e si stima che nel 2050 la metà della popolazione mondiale seguirà tale modello, di questi circa 30 milioni saranno in Italia. Nel mondo moderno le motivazioni per cui si sceglie di diventare vegetariani sono diverse. Tra queste troviamo quella “etica” (nonviolenza verso tutti i viventi), “salutistica” (un’alimentazione ricca di vegetali previene molte malattie) e quella “economica-ambientale” (l’allevamento, di tipo intensivo, richiede costi energetici elevati, consuma enormi quantità di acqua e causa maggior inquinamento ambientale).
Una dieta vegetariana ben “strutturata” si basa su cibi vegetali: cereali (meglio se integrali), legumi, verdura, ortaggi, frutta fresca e secca, semi oleosi e alghe. Le fonti proteiche, in assenza di carne e pesce sono fornite, nella variante LOV, da uova, latte e derivati, mentre nelle altre varianti, da legumi, frutta secca, semi e, in un mondo sempre più globalizzato, anche da cibi non tipici della nostra cultura come: seitan (di origine orientale, ricco di proteine e ricavato dal glutine), soia o derivati (tofu, tempeh) e alghe alimentari. La quota di grassi è fornita dagli oli vegetali, frutta secca, semi oleosi e da frutti come l’avocado.
L’alimentazione vegetariana, purché equilibrata, fornisce benefici per la salute, difatti l’apporto di grandi quantità di fibre è utile per il benessere intestinale rappresentando anche un fattore protettivo dal rischio di cancro del colon. Inoltre, pare svolgere un ruolo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari perché povera di grassi saturi (il cui eccesso causa, tra l’altro, l’aumento del colesterolo cattivo) contribuendo a
ridurre anche i valori di pressione arteriosa. È risaputo che frutta e verdura contengano sostanze protettive come gli antiossidanti, utili nella prevenzione di varie malattie croniche e oncologiche. Se poi la loro produzione non è di tipo intensivo, è meno impattante per l’ambiente rispetto agli allevamenti intensivi.
Esistono anche alcuni possibili effetti negativi. Chi segue questa alimentazione può non riuscire a garantire la giusta quantità e qualità di proteine, i “mattoni” per costruire il nostro corpo. Nutrendosi solo di vegetali è possibile introdurre grandi quantità di sostanze dette “antinutrienti” che riducono l’assorbimento di principi nutritivi come i sali minerali. Se tale alimentazione non è correttamente organizzata infatti, si possono avere carenze di calcio, ferro, di grassi buoni come gli omega-3 (contenuti nel pesce) e di diverse vitamine come la B12 e la D. La carenza, per lunghi periodi di tempo, della B12 può causare malattie importanti, come l’anemia megaloblastica e possibili danni neurologici. Carenze che possono essere più evidenti e causare maggior rischio per la salute in alcune situazioni in cui aumenta il fabbisogno di nutrienti, come in gravidanza (con un rischio importante per lo sviluppo fisico e neurologico del bambino), l’allattamento, lo sviluppo e nel corso di patologie croniche. Simili carenze nutrizionali possono essere presenti anche in soggetti non vegetariani con alimentazione disordinata. Per questo motivo, in generale, chi segue una dieta vegetariana deve fare regolarmente le analisi del sangue per valutare con il curante, in presenza di carenze specifiche, l’eventuale assunzione di integratori. Infine anche un prodotto costituito solo da vegetali può non essere sano e anche chi segue questa alimentazione deve scegliere prodotti freschi, locali e stagionali. È bene evitare i prodotti pronti (burger, polpette vegetali usati in sostituzione della carne), ricchi di sale e grassi di bassa qualità, anche perché confezionati con imballaggi di plastica. Quindi se pensiamo alla scelta etica come motivo principale per cui una persona sceglie di diventare vegetariana, il loro consumo diventa quasi un “controsenso”. Attenzione inoltre all’uso eccessivo di soia e derivati perché spesso si tratta di prodotti “troppo lavorati” e provenienti da colture intensive (l’argomento merita una trattazione a parte).
La dieta vegetariana, se correttamente strutturata, fornisce al corpo le sostanze nutritive necessarie a mantenere lo stato di salute, per fare questo è necessario rivolgersi al medico ed evitare assolutamente il fai da te.