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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
C’è una accezione del termine “attesa” che, in modo suggestivo e meraviglioso, unisce i due verbi “attendere” e “nascere”. È ovviamente l’attesa di ogni mamma, che porta in sé il proprio figlio e che non vede l’ora che questi apra gli occhi al mondo.
Nel tempo di Avvento, un personaggio in particolare vive questo tipo di attesa: è Maria, Colei che porta nel suo grembo il Figlio dell’Altissimo, che è stata resa tempio vivente nel quale si consuma l’unione nuziale – ormai inscindibile – tra Dio e la nostra umanità, che in maniera singolare ha sentito “fisicamente” formarsi dentro di sé Colui che il né il cielo né la terra possono contenere.
Nel racconto dell’Annunciazione, Maria si rivolge a Gabriele manifestando tutto il suo sgomento e la sua trepidazione, e chiede: «Come è possibile?». L’Avvento è esattamente questo. Prendendo in prestito le parole del filosofo Kierkegaard, è «attendere l’impossibile». In questa ultima tappa del cammino dell’Avvento, siamo posti di fronte alla «impossibile possibilità di Dio», siamo in qualche modo condotti a sbirciare dalla porta socchiusa il mistero che si disvela, contemplare appunto la realizzazione dell’irrealizzabile.
Già Isaia ce lo preannuncia nella prima lettura: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». È l’abisso vertiginoso dell’opera di Dio. Non vi possono essere ostacoli per la realizzazione del progetto di salvezza che Dio inaugura con l’Incarnazione. Il suo braccio si stende con potenza, Egli manifesta la sua gloria. Ciò che sarebbe naturalmente e umanamente impensabile, Egli lo compie. Se Acaz, per rispetto ipocrita del Nome di Dio, si rifiuta di chiedere un segno, ecco che è Dio stesso a intervenire; e questo segno ha tutti i caratteri della straordinarietà, come in una nuova creazione, e inaugura il tempo dell’Emmanuele, del Dio-con-noi.
La pagina del Vangelo di Matteo ha il sapore dell’eternità, pur raccontando il lacerante dilemma di Giuseppe, che entra in contatto con l’inspiegabile: Maria è incinta, prima ancora che essi vivessero insieme. Il suo cuore è un susseguirsi di pensieri e ragionamenti, di paure e di angosce, forse anche di dubbi e di incertezze. Cosa fare in questa situazione? Il testo evangelico a noi svela il segreto di quella vita nuova nel grembo della Vergine: è «per opera dello Spirito Santo». Ma Giuseppe ancora non lo sa, e allora decide di lasciare libera Maria, tutelando la sua reputazione e, soprattutto, non esponendola alla vergogna e alla possibile lapidazione.
Dio irrompe nella vita di Giuseppe, così come in quella di Maria, in un modo tipicamente biblico, nel sogno. E un angelo gli rivela ciò che è accaduto, il compimento delle profezie, la realizzazione di ogni attesa. Lo desta dal sonno, lo chiama per nome, lo invita a fidarsi, ad abbandonare ogni dubbio e paura. Maria porta nel grembo il Figlio stesso di Dio, ed egli avrà il compito propriamente paterno di imporgli il nome, Gesù, che significa proprio “Dio salva”.
Giuseppe è uomo giusto ed obbediente. Accoglie immediatamente le parole dell’angelo, senza discussioni e senza tentennamenti. Giuseppe è uomo di fede, sa fidarsi e affidarsi. Si abbandona totalmente alla volontà di Dio, fa tutto ciò che gli viene ordinato.
«Non temere» è l’invito che Dio rivolge a Giuseppe, ed è anche l’invito che rivolge a noi, in questo scorcio di Avvento. Ormai siamo incamminati a grandi passi verso il Natale. La luce che squarcia ogni tenebra inizia ad intravedersi, i suoi raggi già ci sfiorano. Il tempo dell’attesa diventa tempo di vita nuova. Stiamo andando incontro ad un Bambino, che ci sarà donato come Salvatore, Presenza eterna di Dio nella storia e nella nostra storia.
In questi giorni, viviamo nelle nostre parrocchie la tradizionale Novena del Natale. Ci impegniamo a viverla come un itinerario luminoso verso incontro con l’Emmanuele. Anche noi, senza paura, lasciamoci guidare.