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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Il testo del Vangelo di questa domenica riprende il racconto della giornata di Gesù a Cafarnao: dopo l’insegnamento e la liberazione di un uomo tormentato da uno spirito impuro, Gesù esce verso la quotidianità di quella cittadina che sarà il suo primo campo d’azione.
Nei versetti proposti dalla liturgia si possono distinguere tre momenti: il primo è quello della guarigione della suocera di Pietro. Gesù entra in casa, nel luogo dove quella donna svolgeva la sua attività, dalla quale è costretta ad astenersi a causa della malattia: è a letto, incapace di muoversi e bisognosa lei per prima di aiuto. L’evangelista Marco descrive con pochi verbi ciò che avviene quando arriva Gesù: «Si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano» (Mc 1,31). Il primo movimento è quello di vicinanza, di presenza partecipe alla sofferenza: la malattia non è guardata “a distanza di sicurezza” senza alcun coinvolgimento. Gesù prende per mano la donna e la rialza: mentre nel vangelo di Matteo c’è il verbo “toccare”, Marco usa il verbo “afferrare” descrivendo così una presa forte che strappa la donna dalla sua malattia e la rimette in piedi, la riconduce alla vita. Quante volte diciamo a una persona in difficoltà “ti do una mano”: è bello sentirselo dire perché ci fa capire che l’interlocutore si interessa di noi e ci fa vincere la paura di sentirsi abbandonati. Gesù non pronuncia questa frase ma compie subito quel gesto antico e sempre nuovo carico di piena fraternità, segno che crea comunione e permette di far passare un flusso vitale: con quell’atto non ci si chiude in sé stessi, si offre amicizia e nuova speranza. Da questo movimento scaturisce la gratitudine della donna nel suo servizio: una mano tesa con sincerità e gratuità dovrà essere sempre ricambiata!
Il secondo momento completa e amplia l’orizzonte della guarigione nella casa: fuori c’è un mondo sofferente che ha ancora bisogno di aiuto. L’annotazione del luogo e dell’orario fatta dall’evangelista ci aiuta a collocare le guarigioni in un particolare contesto: la notte si avvicina e si percepiscono di più le conseguenze emotive della malattia, ci si sente più soli quando gli altri rientrano nelle loro abitazioni (non solo quelle visibili, ma quelle del cuore e dei pensieri). Gesù li incontra davanti alla porta di quella casa, che diventa un luogo di grazia, ma solo attraverso l’esperienza con lui possono varcare quella porta (cfr Gv 10,7) che permette di dare un senso alla loro esistenza nell’affrontare il male, a prescindere dalla singola malattia che trascinano di fronte a lui come un fardello che li opprime.
Il terzo momento si svolge al mattino presto, lontano da Cafarnao: inizia una nuova giornata, l’alba è contraddistinta dal dialogo tra Gesù e il Padre nella preghiera. Per incontrare e toccare l’umanità sofferente occorre prima ricaricare il cuore e la mente. Anche la preghiera personale è il piccolo ritoquotidiano come una carezza tra noi e Dio, è dirsi e sentirsi dire: «mi fido di te, puoi fidarti di me».