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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Camminiamo a passi veloci verso la conclusione dell’anno liturgico e la Parola ci invita alla speranza partendo dalle situazioni negative personali e storiche. Leggendo il Vangelo di questa domenica mi è tornata alla mente una chiacchierata con un sacerdote francese, durante le giornate mondiali della gioventù a Parigi. Mi descrisse la situazione abbastanza preoccupante della vita di fede nelle parrocchie francesi: chiese deserte, conventi e monasteri chiusi, case religiose e seminari ormai destinate ad altro. Da un po’ di tempo anche da noi assistiamo ad una situazione analoga. Spesso le chiese sono diventate “monumenti aperti” da ammirare ma non da vivere. Durante le varie sagre di Cortes aperte nelle chiese dei nostri paesi folle immense di uomini e donne entrano in esse per ammirarne la bellezza ma quasi nessuno di quelle persone si ferma poi per partecipare alla Messa… per molti cristiani la chiesa è diventata monumento! Pensiamo che anche in diocesi non esistono più conventi, dopo la chiusura dell’ultimo baluardo del convento di Fonni, in ogni paese vediamo case religiose chiuse, le nostre scuole oramai sono al lumicino, il seminario sempre più povero di presenze, i nostri gruppi sempre meno numerosi e specialmente i giovani sono oramai lontani affettivamente dalla chiesa. – Al catechismo mando mio figlio, però prima c’è un lungo elenco di altri impegni -. Sembra attuale la provocazione di Gesù del Vangelo di oggi: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Domanda: allora c’è da preoccuparsi? Sembra che stiamo vivendo il tempo della devastazione e della fine religiosa. Dov’è la buona notizia su Dio e sull’uomo in questo Vangelo che parla di catastrofi, di guerre, di divisioni, di tragedie? Se ascoltiamo bene, ci accorgiamo che ad ogni immagine della fine si sovrappone il germoglio della speranza: quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, non è la fine; sarete imprigionati, traditi, uccideranno alcuni, sarete odiati, ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto; e ancora: vi saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle, e sulla terra angoscia e paura: ma voi risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. In ogni situazione, che sfiora la tragedia, Gesù ci dà una risposta di speranza: non vi spaventate, non è la fine; neanche un capello…; risollevatevi…
Centro del Vangelo di oggi è quell’ultima riga: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». In piedi, sollevate il capo, guardate oltre: la realtà non è solo questo che si vede: viene un Liberatore, esperto di vita. Cadono molti punti di riferimento, nel mondo, ma si annunciano anche sentori di primavera. Questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Ogni giorno c’è un mondo che muore, ma ogni giorno c’è anche un mondo che nasce. Gesù ci avverte: Badate di non lasciarvi ingannare, è molto facile essere abbagliati da ciò che appare e confondere la Verità con ciò che appare. Domandiamoci a quale salvezza aspiriamo: – Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino” – spesso capita che si ascolti chi grida più forte o che appaia avere più potere o millanta maggiori capacità, ma non sbagliamo se ci mettiamo nella prospettiva del Vangelo: io vi darò parola e sapienza. C’è qualcosa – qualcuno – di più importante, di davvero essenziale e irrinunciabile di noi stessi o degli affetti, o del potere, o delle regole: Gesù. Non dobbiamo avere paura di fidarci di lui: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto! Gesù ci chiede di fidarci di lui e dello Spirito che ci darà parola e sapienza. Quella stessa sapienza ci permetterà di perseverare e di salvare la vita; non tanto la quotidianità delle nostre cose quanto la vita vera, quella che va oltre la morte. La vita, quella vera, la realtà profonda del nostro essere, continuerà per sempre: «E quando cominceranno ad accadere queste cose alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28). Non a caso l’anno liturgico termina con la festa di Cristo Re: è Lui che da senso e completezza alla storia umana, trasformandola in una storia di Salvezza.