Dove andiamo a dissetarci?
Commento al Vangelo di domenica 12 marzo 2023 - III Domenica di Quaresima - Anno A
di Michele Pittalis
Gesù e la samaritana © Cryistal Close (2016)
4' di lettura
9 Marzo 2023

“Se tu conoscessi il dono di Dio”: quanta tenerezza e compassione c’è in queste parole di Gesù alla donna di Samaria. Tenerezza perché Egli non condanna né giudica; compassione perché la “conoscenza” di questo “dono” coincide con la stessa esperienza di Gesù come «salvatore del mondo». Come alla donna di Samaria, Gesù interpella anche noi personalmente, con la stessa tenerezza e compassione, perché possiamo renderci conto di quanto “conosciamo il dono di Dio”, quindi di quale esperienza abbiamo del Signore.

Dono di Dio è infatti Gesù stesso, come dono di Dio è lo Spirito Santo. Quanto “conosciamo” Gesù? Quanto “conosciamo” lo Spirito Santo? È strano, ma qualche autorevole teologo ha descritto lo Spirito Santo proprio come il “grande sconosciuto”.

Anche la donna di Samaria è una donna “cercata”. Gesù continua a cercare, a cercare personalmente, desidera incontrare ciascuno di noi. Gesù non è lì per caso, ha sete, è stanco, sfinito dal lungo pellegrinare, ha bisogno di riposo e di ristoro, è oppresso dal caldo, è «affaticato per il viaggio». Ma non si ferma in quel pozzo per coincidenza. 

La Samaritana giunge al pozzo in un’ora decisamente inconsueta, come se non volesse incontrare nessuno. Gesù la attende e si rivolge a lei chiedendole da bere. La meraviglia che un uomo, per di più un “giudeo”, le rivolga la parola, cede subito il passo ad un dialogo misterioso e affascinante, in cui la donna viene condotta a riconoscere in quell’uomo seduto al pozzo il Messia atteso da Israele. «Dammi da bere»: come le parole di Gesù in croce: «Ho sete». Gesù “ha sete” del cuore della sua fede, come “ha sete” di ognuno di noi. Gesù è il portatore dell’acqua viva, che estingue la sete in eterno, perché riempie il cuore. Anche la brocca verrà dimenticata, sparirà dalla scena, segno della vita precedente, totalmente rinnovata dall’incontro con Gesù.

Possiamo appena immaginare gli sguardi che Gesù e la donna si sono scambiati. Quale intensità avrà avuto lo sguardo di Gesù? Anche quando il Signore mette la donna dinanzi alla verità della sua condizione, che «ha avuto cinque mariti» e convive con il sesto, la donna non si sente minimamente “scoperta” nella sua vergogna. Non appare alcun’ombra di condanna o di giudizio da parte di Gesù. La donna non ha timore a confessare la sua situazione. Sei mariti, come sei erano le anfore riempite d’acqua a Cana di Galilea. È un segno di imperfezione. Gesù si presenta come il “settimo sposo”, lo sposo perfetto, che porta a compimento le attese e realizza la nuova comunione sponsale tra Dio e il suo popolo.

Dopo che Gesù ha annunciato che il Padre cerca adoratori in spirito e verità, mostrando superato il vincolo tra il culto e il luogo dove esso si pratica, ma indicando nel cuore e nella dimensione trinitaria il nuovo Tempio, Gesù rivela la sua identità. La donna “sa” che deve venire il Messia, ma non lo conosce. Non basta sapere, occorre sperimentare, occorre incontrare. È infatti Gesù a rivelarsi: «Sono io, che parlo con te». È il punto di arrivo di un dialogo magistrale non solo dal punto di vista letterario, ma anche pedagogico e spirituale.

La donna è condotta passo passo ad aprirsi al Signore, a riconoscere la sua situazione di aridità e di peccato, a superare le barriere del legalismo cultuale, fino a vedere il quel profeta, che le ha detto tutto quello che ha fatto, il vero Salvatore. È in questo momento che lei lascia la brocca lì, al bordo del pozzo, e corre in città ad annunciare quello che le è successo.

Gesù si ferma due giorni e alla fine non è più per la parola della donna che credono, ma perché hanno udito e sanno che Gesù è il salvatore del mondo. «Il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua», si legge nella prima lettura. Noi siamo gli assetati. Noi attendiamo il dono dell’acqua viva, il dono dello Spirito Santo, amore di Dio riversato nei nostri cuori.

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