Effatà, apriti!
Commento al Vangelo di domenica 8 settembre 2024 - XXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno B
di Andrea Biancu
Alexandre Bida, Gesù guarisce un sordomuto, New York, 1874
3' di lettura
8 Settembre 2024

Anche questa domenica la lettura evangelica è tratta dal capitolo 7 di Marco e il versetto iniziale colloca Gesù in un territorio fuori da Israele, una zona “pagana” nella quale egli si trattiene, contrariamente alla consuetudine ebraica che non raccomandava di avere relazioni con i “lontani” dalla fede.

Di fronte a Gesù viene portato un uomo sordomuto per essere toccato e guarito: in realtà nel testo originale il termine utilizzato indica in particolare una persona che è impedita nel parlare. Proprio per questa sua condizione sperimenta tutta la difficoltà di comunicare, vive in un isolamento che non ha voluto e che ne condiziona l’esistenza.

Gesù compie un gesto particolare quando «lo prese in disparte, lontano dalla folla» (Mc 7, 33): lo separa ancora una volta da chi gli è stato vicino e lo ha accompagnato, perché Gesù vuole stabilire una relazione particolare con lui, vuole manifestare che per comunicare veramente con una persona occorre creare anzitutto un rapporto di vicinanza. 

«Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”» (Mc 7, 33-34). L’evangelista descrive questa guarigione evidenziando che il contatto fisico precede la parola, perché Gesù tocca le parti del corpo indebolite dalla malattia: le mani comunicano senza parole. Gesù tocca con la saliva, dando a quell’uomo qualcosa di proprio direttamente dalla sua bocca, un gesto apparentemente strano ma che indica la possibilità di parlare e di farlo attraverso l’azione di Dio in lui. Subito dopo lo sguardo di Gesù si eleva verso l’alto: per ricreare una relazione che comunica vita occorre guardare verso quella relazione primaria e fondamentale tra Dio e l’uomo, che in Gesù trova la perfetta realizzazione. Segue quella parola aramaica “Effatà” che il testo traduce immediatamente con “Apriti”: è come sentire la voce di Gesù pronunciare questa che è una “parola efficace”. Notiamo che non è al plurale, in riferimento alle orecchie e alla lingua, ma all’intera persona, che deve aprirsi interamente a una nuova possibilità di comunicare.

«Subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente» (Mc 7, 35): la sequenza delle azioni indicanti l’avvenuta guarigione non è casuale, perché anzitutto occorre aprirsi all’ascolto che precede la parola. Sa comunicare veramente solo chi prima sa ascoltare.

Questa pagina evangelica ci ricorda che viviamo nella sordità dell’egoismo, personale e sociale, che genera isolamento: se lo vogliamo, Gesù stende la sua mano e la sua voce dice “Effatà”. Il nostro cuore inospitale, recintato e chiuso può finalmente aprirsi e la nostra parola sarà comunicazione libera e piena di vita.


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