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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
La discesa dello Spirito Santo, atto di nascita della Chiesa, costituisce il vertice del mistero pasquale. Paradossalmente non è la Risurrezione a rappresentare il compimento della Pasqua, ma l’effusione dello Spirito. È infatti “l’altro Paraclito” a rendere presente nella storia e nella vita di ciascuno la vita del Risorto. Gesù è risuscitato nello e dallo Spirito Santo, ed è attraverso la Pentecoste, che anche noi siamo direttamente raggiunti dalla potenza della Risurrezione.
Riprendiamo quindi, il cammino liturgico del tempo ordinario, nel quale ritorniamo alla sequela quotidiana, concreta, appunto ordinaria. In questa ripresa del tempo ordinario, vengono offerte alla nostra contemplazione due grandi solennità, due grandi misteri: la Santissima Trinità e l’Eucaristia, il Corpus Domini. A queste due, se ne aggiunge una terza, altrettanto significativa, che è la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Esse costituiscono una sorta di itinerario. Il mistero trinitario è infinitamente più alto di ogni possibilità di umana comprensione. È la celebrazione della contemporanea unità nella trinità del Dio cristiano, realtà logicamente inspiegabile, che solo gli occhi della fede possono svelarci. Quindi l’Eucaristia, celebrazione del mistero pasquale di Cristo, Pane della vita offerto all’uomo come sostegno nel cammino e come partecipazione alla stessa vita divina. E infine, il Cuore di Gesù, segno visibile e umanamente vicinissimo dell’amore di Gesù verso ogni uomo.
Ma la Trinità rimane mistero inaccessibile. Ciò che di essa conosciamo è ciò che Gesù stesso ci ha rivelato: è Gesù che ci ha annunciato la verità dell’essere del Padre; è Gesù che si è proclamato Figlio; è Gesù che ha annunciato la presenza dello Spirito Santo. Ecco perché della Trinità possiamo parlare solo per immagini.
Un aiuto per entrare in punta di piedi nel mistero ci è dato dalla liturgia della Parola propria della solennità, cogliendo già la progressione della rivelazione: «Il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» è il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che «ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito».
Mosè che sale sul Sinai, portando in mano le tavole di pietra su cui era incisa la legge nuova dell’Alleanza, diventa quasi l’immagine di ognuno di noi, che cercano l’incontro con Dio, nello sforzo di salire al monte, guidati dalla Parola, per essere avvolti dalla presenza di Dio. Il Signore scende nella nube e si ferma presso Mosè: la comprensione del mistero di Dio è sempre “nuvolosa”, ci sfugge, non si mostra in tutta la sua trasparenza, è inafferrabile, ineffabile. Il Dio totalmente trascendente diventa anche totalmente presente. È presente in modo velato, ma è presente, è “presso” ciascuno di noi.
Questa presenza di Dio, suscita nel cuore di Mosè e nel cuore di ogni cristiano il senso dell’adorazione: Mosè «si curvò in fretta fino a terra e si prostrò»: è il riconoscimento della Signoria e della infinita Maestà di Dio, che tuttavia, non disdegna di camminare in mezzo a noi. È una scintilla del mistero trinitario: tanto incomprensibile eppure tanto vicino. Siamo impregnati di Trinità, sin dal momento del nostro Battesimo. Ogni Eucaristia, ogni preghiera della Chiesa, ogni volta che ci facciamo il segno della Croce, facciamo esplicito riferimento alla Santissima Trinità.
Paolo, nella seconda lettura, riferisce alle Persone della Trinità altrettante significative caratteristiche. Unisce la grazia al Figlio, l’amore al Padre, la comunione allo Spirito. Il Figlio è il dono di grazia che l’amore del Padre ha inviato nel mondo, perché attraverso lo Spirito, sia ricreata la comunione che il peccato ha infranto. È anche l’annuncio del Vangelo, nel colloquio di Gesù con Nicodemo. Il Padre dona il Figlio perché abbiamo la vita e la salvezza. La Trinità è essenzialmente questo: mistero di un amore che si apre e si dona.