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L’Ortobene
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08100 Nuoro
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Durante la giornata di deserto, in un campo scuola giovani, vissi un’esperienza che porto sempre nel cuore. Stavamo facendo l’adorazione eucaristica e, mentre tutti gli altri erano inginocchiati in preghiera, mi colpì la scelta di un giovane. Stava in piedi nella porta della cappella, solo e triste; mi avvicinai e gli chiesi perché non entrasse. Mi colpì la sua risposta: «non sono degno di stare dentro, perché non so pregare». Mi sedetti fuori con lui e ascoltai a lungo i suoi dubbi. Non riusciva a capire il senso della preghiera e questo lo portava a dire ogni tanto delle preghiere ma il suo cuore rimaneva arido, vivendo il suo rapporto con Dio in modo superficiale. Dopo averlo ascoltato gli proposi il brano del Vangelo di questa domenica e di ripetere con insistenza la domanda dei discepoli: «Signore, insegnaci a pregare». Si inginocchiò sempre in fondo alla cappella e notai che piangeva profondamente. La sera mi confidò: «per la prima volta nella mia vita non ho detto preghiere ma ho ascoltato Dio e mi sono sentito davvero bene con Lui». L’esperienza di questo giovane è forse l’esperienza di molti cristiani: la fatica a pregare, forse perché abbiamo ridotto la preghiera a formule ripetute meccanicamente. Dobbiamo tornare alla scuola di Gesù per imparare a pregare.
Gesù non insegna una formula, ma ci mostra quale deve essere il cuore della preghiera cristiana: sentirsi figli perché si vive con Dio come Padre. Con poche parole, Gesù mette sulla strada giusta, quella che conduce all’incontro con il Padre suo. Ci distoglie da una preghiera fatta di rapporto commerciale, un mezzo per ottenere favori, un’occasione per imporre la nostra volontà. Toglie dal volto di Dio la maschera che lo rappresentava come un signore capriccioso, come un capo da ammansire e ci rivela la sua tenerezza, la sua bontà e la sua misericordia. Ci ispira la fiducia, che è l’anima di ogni preghiera, e la ricerca sincera di quella volontà che sola assicura la pace e la felicità. Ci invita ad abbandonare la furbizia dei servi, per vivere la confidenza dei figli. Allora è proprio questa intimità e confidenza che Gesù vuol insegnarci quando ci fa pregare col “Padre nostro”. La novità assoluta del “Padre nostro” sta in quella prima parola: Abbà, papà, che è il termine aramaico che traduce la parola Padre. Per la prima volta al mondo uno osa chiamare Dio creatore col termine confidenziale con cui un bambino chiama il suo babbo! Non era in uso in Israele, e questo modo di rivolgersi a Dio avrà irritato i Giudei. Ma colpì i discepoli, i quali capirono subito di trovarsi davanti ad un cuore di Dio diverso da come fino ad allora l’avevano conosciuto.
Gesù – per aiutarci a capire – fa appello alla esperienza di un papà e di una mamma: pallida immagine di un cuore ben più grande quale è quello di Dio. L’atteggiamento richiesto, per chi ha creduto nel nome di Gesù, è dunque quello della fiducia totale: «Perciò io vi dico: Chiedete e riceverete! Cercate e troverete! Bussate e la porta vi sarà aperta. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto». Chiedere allora con fiducia insistente, come indicato oggi nel Vangelo dall’esempio dell’amico importuno e chiedere con fiducia perseverante. La condizione è la fede, che è affidamento confidenziale e sereno. Pregare con fede significa dare spazio a Dio, convinti della nostra insufficienza e debolezza, fidarci non tanto o solo della sua potenza, ma fidarci del progetto stesso che Dio ha su di noi, convinti che è più bello e più grande d’ogni nostro progetto o sogno. «Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi; Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà. Domandai a Dio che mi desse salute per realizzare grandi imprese; Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio. Gli domandai la ricchezza per possedere tutto: mi ha fatto povero per non essere egoista. Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me. Egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro. Domandai a Dio tutto per godere la vita: mi ha lasciato la vita perché io potessi apprezzare tutto. Signore non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà» (Kirk Kilgour, campione sportivo, costretto su una sedia a rotelle a seguito di un grave infortunio).