Dati societari
L’Ortobene
Piazza Vittorio Emanuele 8
08100 Nuoro
–
Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
C.F. 93003930919
–
Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
La pagina evangelica di domenica scorsa ci presentava il dialogo tra Gesù e uno scriba che viene riconosciuto vicino al regno di Dio (cfr. Mc 12, 34). Nel testo odierno è Gesù stesso a mettere in guardia la folla dagli scribi che (a differenza di quello citato precedentemente nello stesso capitolo) non considerano il loro ruolo come una ricerca per comprendere meglio il mistero di Dio e donarlo agli altri, ma soltanto come un privilegio da mettere in mostra e una superiorità sociale da ostentare continuamente. L’arroganza è il modo con cui si manifesta una falsa convinzione di sé stessi, orgoglio e prepotenza sono atteggiamenti lontani da chi è chiamato ad una autentica relazione con Dio.
Tra i dettagli del rimprovero possiamo evidenziare un riferimento che collega questa critica all’episodio successivo nel Tempio di Gerusalemme: «Divorano le case delle vedove» (Mc 12, 40). Gesù si siede di fronte al luogo dove, secondo la tradizione giudaica, si trovavano le tredici cassette destinate a raccogliere le offerte dei fedeli: il rumore delle monete depositate poteva dare l’idea di quanto denaro la persona aveva offerto. Il testo ci dice che Gesù osserva attentamente: mentre la maggior parte delle persone si concentravano sul suono delle monete e di conseguenza sull’offerente, Lui scruta l’intenzione del cuore, va oltre l’apparenza. Tra coloro che vanno a portare il loro obolo scorge una donna, una vedova povera che depone solo due monetine.
«Chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere» (Mc 12, 43-44). Gesù chiama i discepoli per rendere noto quello che era sfuggito ai loro occhi, consegna loro un gesto destinato a rimanere nel silenzio. Le sue parole cominciano facendo riferimento ad un paradosso: nel mettere a confronto le due monetine, rispetto all’offerta consistente degli altri, afferma che la vedova ha dato di più perché lo ha fatto senza risparmiare nulla per sé. Poteva tenere almeno una delle due monete invece ha donato «la sua vita intera» (questa è una possibile traduzione letterale). Questo atto manifesta la generosità ma soprattutto la fede intesa come pieno abbandono a Dio e alla sua provvidenza: la vedova ha proposto un’alternativa mettendo al primo posto un gesto umano compiuto con tutto il cuore, avvicinandosi al cielo più degli altri, rimanendo senza ciò che permetteva di vivere per consegnare la sua esistenza nelle mani di Dio. Lei ha capito qualcosa che i grandi maestri del Tempio avevano dimenticato: la bilancia di Dio non pesa la quantità, ma il cuore dell’uomo.