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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
La pagina evangelica di questa domenica riporta alcuni versetti tratti dal capitolo 9 del testo di Marco. L’episodio inizia con la dichiarazione di Giovanni, il discepolo più giovane, che si rivolge a Gesù con un’espressione che manifesta il tentativo di difendere un potere che hanno ricevuto e che nessuno può utilizzare fuori dalla cerchia degli apostoli. «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva» (Mc 9, 38). Colui che ha operato questo miracolo è un intruso: così l’essere discepoli non è concepito come un servizio ma come entrare in un “club esclusivo”, tutelare un privilegio acquisito. Gli apostoli si stanno ancora formando come gruppo: un insieme di persone che si struttura e si organizza manifesta la propria volontà di crescere. Sappiamo che non è un cammino facile né immediato: richiede tempo, ascolto, conoscenza e stima reciproche, capacità di valorizzazione delle caratteristiche di ognuno, accoglienza e sopportazione delle inevitabili fragilità.
Quando si parla di “vera” identità cristiana «non si deve cadere nella tentazione di credere che essere cristiani è un merito, è un cammino spirituale di perfezione: no, non è un merito, è pura grazia» (Papa Francesco). Giovanni ha una visione limitata alla sua esperienza, è più impegnato a “difendere” che a “diffondere” il messaggio che ha ricevuto e del quale dovrebbe annunciatore. Questo atteggiamento lo si può riscontrare anche nelle nostre comunità, quando un certo pluralismo di esperienze ecclesiali non sempre viene compreso e soprattutto armonizzato, portando alla frammentazione e all’incomprensione, al fine di salvaguardare spazi guadagnati e posizioni oramai standardizzate e incontestabili.
Gesù non rimprovera il discepolo, ma amabilmente lo corregge usando il buon senso: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» (Mc 9, 39-41). Gesù si rivela un maestro capace di aprire la mente dei discepoli alla diversità che non è opposizione. Il bene che si compie non parte da una “tessera di appartenenza” ma dal suo legame con Cristo stesso (“perché siete di Cristo”). Tutti abbiamo la tentazione di giudicare con le nostre misure: Gesù ci educa a metterci sulla via della sapienza e farci vedere il bene ovunque, anche dove non è stato seminato da noi e porta frutto nonostante noi. Ciò che ha mosso l’obiezione dell’apostolo Giovanni è la gelosia: essere gelosi del bene che c’è negli altri mortifica noi stessi, al posto di unirci ci rende rivali, ci impedisce di percepire che la grazia di Dio opera come e dove vuole, non conosce muri che la possano rinchiudere, è azione libera di Dio nel cuore di chi l’accoglie.