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L’Ortobene
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Nella parabola che Gesù oggi racconta è impressionante la solitudine che vi traspare. «Ragionava tra sé, farò, demolirò, costruirò, raccoglierò, dirò a me stesso, hai molti beni, riposati, mangia, bevi e divertiti». Tutto è incentrato su sé stesso, quasi che al mondo il protagonista sia solo con i suoi beni. È la solitudine esistenziale di chi pone sé stesso al centro di tutto, padrone assoluto dell’esistenza, che ha come interlocutore solo sé stesso e le sue ricchezze. Gesù coglie lo spunto di una richiesta di un ascoltatore anonimo per darci un forte insegnamento sul senso e il valore delle ricchezze. Da quando Gesù annuncia la salita a Gerusalemme il suo messaggio è incentrato sul valore del Regno, come la vera ed unica ricchezza. È una idolatria considerare come valori assoluti i beni materiali. Gesù non vuole sminuire la bellezza e la gioia del riuscire in un progetto, non è insensibile alla gioia del vedere realizzato e godere per qualcosa di bello e utile che si è costruito.
Il suo forte richiamo è un aiuto a rivedere la nostra scaletta di valori. Il messaggio del Vangelo di oggi è talmente chiaro che non ha bisogno di interpretazione: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni». E «arricchitevi davanti a Dio!». Ci ricorda Papa Francesco: «Noi possiamo avere tante cose, essere attaccati al denaro, averne tanto, ma alla fine il denaro non possiamo portarlo con noi: ricordiamo che il Sudario non ha tasche». Domandiamoci: da cosa nascono i conflitti nel mondo, nelle comunità, nelle famiglie? La risposta l’abbiamo implicita all’inizio del brano nella domanda dell’interlocutore: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ed è a partire da questa domanda, che purtroppo è altamente presente anche nella nostra vita attuale, che Gesù da uno straordinario insegnamento: la vita è la cosa importante e la vita non si compra, né si vende, neppure si assicura con il denaro. Riandare al senso della vita come dono da condividere e da donare, educarsi al senso della gratuità e della liberta dal possesso rende davvero riuscita la nostra esistenza. Nella nostra vita tutto è un ricevere e un lasciare, la vita stessa. Questa convinzione ci libera dalle idee di possesso, di carrierismo, di autoesaltazione che a lungo andare diventa autolesionismo: quante famiglie rovinate dal desiderio di autoaffermazione dell’io e dal lasciarsi schiavizzare dall’avere. Tutti nella vita sperimentiamo “il lasciare”.
Un parroco fa progetti, pianifica programmi pastorali, ha in mano le sorti, anche economiche, di una parrocchia e, da un giorno all’altro, tutto viene lasciato e affidato ad altri, per ricominciare magari da un’altra parte, sapendo che “niente sarà suo per sempre”. La gioia più grande del sacerdote è quella di lasciare non una comunità sua ma una comunità che ha amato più di sé stesso. Un genitore vive la propria esistenza nel lavorare e nel realizzare qualcosa di bello per la sua famiglia e la soddisfazione più grande è l’eredità di amore che lascia ai figli. La gioia più grande di una persona impegnata nella vita sociale e politica è quella di chi al termine del suo mandato lascia una comunità migliore in tutti i sensi.
Un’altra considerazione: il tempo è dono di Dio, come la creazione, al quale si risponde con gratitudine e responsabilità. Questo dono non solo ci precede, ma ci eccede sempre, ma non possiamo farcene padroni, non possiamo dunque dominarlo a nostro piacimento, aggiungendo un’ora sola alla nostra vita. L’uomo arricchito della parabola si vede sfuggire il tempo proprio mentre credeva di essersene fatto padrone. L’unico vero padrone del tempo è Dio stesso. Le cose non possono avere il sopravvento sulle persone, ciò che è bene strumentale non può diventare così importante da essere elemento discriminante da mettere a repentaglio le relazioni umane come per quel tizio che preoccupato dell’eredità pone la domanda a Gesù. Invece è proprio così, lo testimonia l’attenzione che i mass-media dedicano alle borse, allo spread. Il denaro è diventato il nuovo regnante e padrone, supera ogni confine di spazio e di tempo, tanto rapidamente che la sua proprietà non ha più senso come non hanno senso i confini tra stati e continenti. Se la ricchezza diventa il padrone della vita neanche si riesce a vedere chi ci circonda né i bisogni degli altri. Arricchire “presso Dio”, significa diventare ricchi di relazioni, di compassione, di misericordia di comunione. E che cosa ci dice, per metterci in guardia? Tutto quello che abbiamo ascoltato nella ricchezza della Parola di oggi, l’unica ricchezza che merita di essere accumulata, e che credo di poter sintetizzare nella meravigliosa frase con cui Paolo ci ha esortato all’inizio della seconda lettura: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra».