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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
La pagina evangelica odierna si può mettere in relazione con quella di domenica scorsa: il testo presenta il secondo annuncio della Passione e in particolare si può notare il verbo “insegnava” che indica un’azione ripetuta da Gesù. Se nell’altro racconto Pietro rimprovera il Maestro e a sua volta viene ripreso da Gesù, in questa narrazione nessuno prende la parola, per due motivi sottolineati dall’evangelista Marco: «essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo» (Mc 9, 32). Incomprensione e paura: in tante situazioni dell’esistenza vanno di pari passo, perché il non capire come andranno le cose genera timore e si fa fatica a proferire parole, viene a mancare il coraggio e si rimane bloccati.
Con questo silenzio nei confronti del Maestro (ma dialogando tra loro) i discepoli vanno verso Cafarnao, cittadina già frequentata precedentemente ma con un altro spirito. Quando entrano in casa è Gesù a “rompere il ghiaccio” e porre la domanda: «“Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9, 33-34). Il tacere dei discepoli è segno di vergogna: nella loro discussione non dimostrano nessuna preoccupazione di ciò che Gesù ha detto riguardo la Passione, il loro unico interesse è quello di affermarsi e trasformare una compagnia che doveva essere compatta in un gruppo di lotta tra rivali con i quali misurarsi, cercando di superarsi a vicenda per raggiungere i primi posti.
Gesù si siede prima di parlare: è l’atteggiamento del Maestro chiamato a insegnare e lo fa con un esempio, perché le persone tendono ad essere maggiormente ricettive quando si trovano davanti ad una situazione concreta. «“Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”» (Mc 9, 35-37).
Gesù colloca il bambino al centro: è un segno di attenzione per una categoria che in quel tempo non aveva alcun valore e nessuna tutela giuridica ma al contempo un invito ad identificarsi in lui. Ciò che agli occhi della maggioranza sembra di scarso valore diventa prezioso agli occhi di Dio. È il capovolgimento di ciò che per tutti è “grande”, come Maria ha proclamato nel Magnificat: «Ha guardato l’umiltà della sua serva […] Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1, 48.52). Accogliere quel bambino significa imparare a diventare piccolo, recuperare quella dimensione interiore di piccolezza che riduce il nostro io: l’orgoglio crea differenze, l’umiltà fa la differenza!