L’umiltà dei più piccoli
Commento al Vangelo di domenica 22 settembre 2024 - XXV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B
di Andrea Biancu
Domenico Piola, Il più grande nel regno dei cieli (1680 ca), Gallerie Nazionali di Palazzo Spinola, Genova
3' di lettura
17 Settembre 2024

La pagina evangelica odierna si può mettere in relazione con quella di domenica scorsa: il testo presenta il secondo annuncio della Passione e in particolare si può notare il verbo “insegnava” che indica un’azione ripetuta da Gesù. Se nell’altro racconto Pietro rimprovera il Maestro e a sua volta viene ripreso da Gesù, in questa narrazione nessuno prende la parola, per due motivi sottolineati dall’evangelista Marco: «essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo» (Mc 9, 32). Incomprensione e paura: in tante situazioni dell’esistenza vanno di pari passo, perché il non capire come andranno le cose genera timore e si fa fatica a proferire parole, viene a mancare il coraggio e si rimane bloccati.

Con questo silenzio nei confronti del Maestro (ma dialogando tra loro) i discepoli vanno verso Cafarnao, cittadina già frequentata precedentemente ma con un altro spirito. Quando entrano in casa è Gesù a “rompere il ghiaccio” e porre la domanda: «“Di che cosa stavate discutendo per la strada?”. Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9, 33-34). Il tacere dei discepoli è segno di vergogna: nella loro discussione non dimostrano nessuna preoccupazione di ciò che Gesù ha detto riguardo la Passione, il loro unico interesse è quello di affermarsi e trasformare una compagnia che doveva essere compatta in un gruppo di lotta tra rivali con i quali misurarsi, cercando di superarsi a vicenda per raggiungere i primi posti.

Gesù si siede prima di parlare: è l’atteggiamento del Maestro chiamato a insegnare e lo fa con un esempio, perché le persone tendono ad essere maggiormente ricettive quando si trovano davanti ad una situazione concreta. «“Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”» (Mc 9, 35-37).

Gesù colloca il bambino al centro: è un segno di attenzione per una categoria che in quel tempo non aveva alcun valore e nessuna tutela giuridica ma al contempo un invito ad identificarsi in lui. Ciò che agli occhi della maggioranza sembra di scarso valore diventa prezioso agli occhi di Dio. È il capovolgimento di ciò che per tutti è “grande”, come Maria ha proclamato nel Magnificat: «Ha guardato l’umiltà della sua serva […] Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1, 48.52). Accogliere quel bambino significa imparare a diventare piccolo, recuperare quella dimensione interiore di piccolezza che riduce il nostro io: l’orgoglio crea differenze, l’umiltà fa la differenza!


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