Non vendere la dignità
Commento al Vangelo di domenica 9 novembre 2025 - Dedicazione della Basilica Lateranense
di Federico Bandinu
El Greco, La purificazione del Tempio (ante 1570), National Gallery of Art, Washington
4' di lettura
8 Novembre 2025

Questa domenica, la Chiesa, festeggia la Dedicazione della Basilica Lateranense. Questa antica ricorrenza, non come la tradizionale festa ebraica della dedicazione del tempio, serve ai cristiani per ricordare la loro essenza comunitaria. La Chiesa infatti è «Corpo Mistico di Cristo» (Pio XII); luogo di Grazia e non di scambio. Il testo biblico, ambientato nella prima delle tre feste pasquali vissute da Gesù nel suo ministero pubblico e raccontate dal quarto Vangelo, scandalizza il lettore distratto e disorienta il cristiano “peace and love”. 

L’immagine sdolcinata e innaturale, che spesso ci facciamo di Gesù, qui, si scontra con un Dio, veramente uomo, che virilmente incarna il suo essere Dio. Amore non è dire sempre di sì e ignorare le situazioni che necessitano una correzione ma è intervenire perché si possa crescere e maturare rapporto con il Padre. Come un genitore con il proprio figlio, Dio rimprovera per dare prova di quanto siamo «preziosi ai suoi occhi» (Is 43,4). 

Anche oggi ci sono venditori nel tempio, anche noi ci trasformiamo in abili commercianti in terreno sacro. «Chi sono quelli che vendono le pecore e le colombe? […] Essi non vogliono essere ricomprati, ma vogliono vendere. Meglio sarebbe per loro essere redenti dal sangue di Cristo» (Agostino). «Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra» (1Cor 12,27); in quanto tali siamo invitati, da Cristo nostro Redentore, ad accorgerci che siamo cosa sacra e non stare lì a compravendere la nostra dignità filiale e umana. Gesù, espressione virile della volontà divina, attraverso il suo furore esprime la Sua gelosia. Il «Dio geloso» (Es 20,5) dell’Antico Testamento è rivelato in Cristo che, nonostante il profondo rispetto per la libertà personale, non manca di mostrarci, anche in modo deciso, la Via. Egli nel Suo Amore offre sé stesso e abolisce i sacrifici antichi per cui il Tempio era stato edificato; «si credeva, infatti, che con il cacciare i venditori di buoi e di pecore abolisse la pratica della mercatura, laddove piuttosto significava che i sacrifici degli animali bruti sarebbero stati aboliti» (Teodoro di Mopsuestia). I cambiamonete e i venditori di animali, che svolgevano un servizio utile per l’attività cultuale ebraica, sono scacciati perché «non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia» (1Pt1,18-19). 

I Giudei chiedono un segno che giustifichi le sue azioni e, in risposta, Gesù annuncia la Vera e nuova Pasqua che sta per compiersi. «Avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre […] ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eb 10,12-14). Egli nel mistero della Pasqua – tre giorni della passione, morte, sepoltura e risurrezione – permette all’uomo un’esistenza nuova: redenta. Le nostre chiese, bellissimi scrigni di arte e storia, sarebbero nulla se al suo interno non ci fosse una comunità di redenti che vive e celebra, attraverso i sacramenti, la comune esistenza in Cristo. 

L’inciso finale, riportandoci al tempo post-pasquale attuale, ci indica l’atteggiamento del discepolo, e della comunità, per permettere a Cristo di far germogliare la Vita nuova: ricordare. Fare memoria, fare eucarestia – memoriale della sua Pasqua – è rivivere, è ricordare, non semplicemente in modo nozionistico, che in Cristo siamo amati, da Cristo siamo salvati e per mezzo di Cristo siamo, come fiduciosi pellegrini, accolti all’interno dell’Amore Trinitario di Dio.


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