Dati societari
L’Ortobene
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Dalle nostre case e dalle nostre chiese salgono a Dio preghiere silenziose di persone sofferenti, che vivono situazioni di disagio, ma anche ricche di una fede semplice ma forte, alimentata dalla preghiera incessante, sapendo che Dio non abbandona i suoi figli. Proprio qualche giorno fa una madre, che aveva perso il suo giovane figlio all’improvviso, mi ha confidato: «Sempre mi ha sostenuto la fede e la preghiera e anche in questo momento di dolore sento che Dio non mi abbandona». Porto nel cuore un’esperienza straordinaria di fede. Durante la faida di Oniferi degli anni 80-90, i giovedì di ogni settimana ci riunivamo a Oniferi da tutte le parrocchie della forania peer invocare la pace, senza stancarci, senza scoraggiarci, dando una testimonianza di fiducia nel Signore, di presenza, vicinanza e speranza. Il mondo, che sembra cosi distratto, è ancora ricco di uomini e donne che sostano davanti all’altare in una preghiera lunga e silenziosa.
La Parola di Dio di questa domenica ci ricorda l’importanza fondamentale della preghiera: «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai», e lo fa raccontando una breve parabola dove protagonisti sono una povera donna che chiede aiuto con insistenza e un giudice disonesto. Lo scopo per cui Gesù ha narrato il caso della vedova è spiegato dalla premessa, «Una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi» e dalla conclusione: «se persino un disonesto si piega alle richieste, Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti?». Nel suo insegnamento sulla preghiera Gesù ci dice che alla base della vita di preghiera c’è la fede che non è solo un credere che esista Qualcuno, ma lasciarsi amare da Dio (non è scontato che lo facciamo) e rispondere a questo amore, entrare cioè in un dinamismo di amore che si basa sulla totale fiducia in Dio. La parabola, infatti, termina con queste parole: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». È un interrogativo posto da Gesù non per alimentare la sfiducia, ma per spronarci ad un’autentica conversione alla vita di preghiera.
Tanti oggi si professano cristiani ma non pregano mai né da soli né tantomeno in comunità. L’interrogativo di Gesù mette il dito nella piaga: senza fede non esiste preghiera, e senza preghiera non esiste fede. Ma cos’è la fede? Credere significa abbandonarsi, consegnarsi con totale fiducia; credere significa non contare più su sé stessi, ma su un Altro. Per questo la preghiera di fede più bella consiste in un «sì» totale di sé stessi a Dio, come il “si” di Maria. «Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia» (S. Teresa di Lisieux). «Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato preghiera» (Tommaso da Celano). La nostra preghiera deve puntare in questa direzione: spesso in noi ci sono incertezze, vanità, resistenze, dubbi, pretese, ma la direzione della preghiera è una sola: fare un passo verso la volontà di Dio, abbandonarsi a Lui, perché solo Dio può guarire la nostra povertà. Come educarci alla preghiera? La seconda Lettura ci parla dell’importanza insostituibile della Parola di Dio che va ascoltata o letta, riflettuta a livello personale o comunitario, è alimento della nostra preghiera. E Dio che ci parla, che ci sprona, ci corregge, ci conforta. È lo Spirito che mette sulle nostre labbra invocazioni, suppliche, grida di lode e di adorazione. Se la nostra preghiera è autentica ci aiuterà a mantenere la nostra fede e la fiducia in Dio. Dobbiamo essere onesti con noi stessi: non possiamo dirci cristiani se non preghiamo, se non esiste una volontà aperta a Dio. La domanda di Gesù: «Ma troverà la fede il figlio dell’uomo quando verrà sulla terra?», fa appello alla nostra responsabilità. Basta con i cristiani che dicono «io sono un buon cristiano, anche se non prego, anche se non vado a Messa, se non vivo i sacramenti, importante che mi comporti bene».Senza accorgersi l’uomo sta morendo alla fede e sta riempiendo il suo tempo e il suo cuore di tanti idoli che sostituiscono l’amore di Dio e per Dio. Il tempo e l’amore per Dio nella scaletta dei valori di molti battezzati spesso occupa un posto insignificante. Basta vedere come una moltitudine immensa di cristiani vive la domenica o la festa! È bene che ci chiediamo: di cosa mi fido? della mia capacità, della mia intelligenza, delle mie forze, del potere umano? Di chi mi fido? A quale forza mi apro? Quale posto occupa Dio e la comunità nella mia vita? Quale spazio e tempo per la preghiera? Se vogliamo davvero convertirci ad una fede autentica, dobbiamo essere onesti con noi stessi, mettendo da parte scusanti che stanno impoverendo la nostra fede, come «non ho tempo» che significa in verità «non ho interesse e non amo».