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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
L’evangelista Luca, secondo la tradizione, è considerato un pittore: il secondo capitolo (del quale leggiamo alcuni versetti nella Messa della notte di Natale) possiamo considerarlo come un quadro, una descrizione della Natività da guardare con stupore e che è diventata, da otto secoli, il presepe che ci accompagna in queste settimane.
La scena inizia dai grandi della terra, coloro che detengono il potere politico e religioso ma stanno fuori dalla cornice di questo quadro ideale: l’obiettivo del pittore Luca è scendere gradualmente nel dettaglio, focalizzare una scena sconosciuta e quasi non degna di particolare menzione.
Il racconto situa l’evento della nascita di Gesù nella notte: questa non è una precisazione insignificante, perché è solo nel buio che prende senso la luce sfolgorante dell’angelo che indica ai pastori la strada per trovare il Salvatore. Ci viene chiesto di entrare nella notte: per capire l’importanza della luce occorre camminare nelle tenebre, farsi guidare da una voce che diventa canto, melodia che persuade a non fermarsi a guardare il cielo oscuro con le stelle lontane ma iniziare a cercare. L’angelo della notte di Natale, indicando la presenza fra gli uomini di Colui che dà vita e gioia, chiama i pastori a fare un’esperienza personale di ciò che è stato annunciato. È necessario infatti incamminarsi, così da “vedere” ciò che il Signore ha fatto conoscere (cfr Lc 2,15).
I potenti, seduti sui loro troni, attendono che siano gli altri a ricorrere a loro e ai favori che possono concedere. Il Bambino di Betlemme siede sul trono dell’umiltà, su quel legno della mangiatoia che anticipa profeticamente quello della croce. Il legno tenero della culla e quello duro della croce vanno tenuti sempre insieme: come nella vita di Cristo, anche nella nostra vita avviene questo necessario passaggio e non una volta soltanto.
Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia» (Lc2,7). Tra le pennellate dell’evangelista Luca ce n’è una che possiamo intuire: la prima a contemplare quel Bambino è Maria. Jean-Paul Sartre, scrittore francese e filosofo ateo, nel testo Bariona o il figlio del tuono (composto in un lager nazista nel Natale 1944) in un passaggio del suo Racconto di Natale per cristiani e non credenti interpreta con le seguenti parole lo sguardo materno della Madonna. «Maria lo guarda e pensa: Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e la forma della sua bocca è la mia. È Dio e mi assomiglia! Nessuna donna ha avuto il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive».