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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Non è mai semplice parlare dello Spirito Santo, perché ha una sua personalità assolutamente unica, difficile da definire, perché Lui è l’Amore, riprendendo un’immagine di Sant’Agostino, che c’è tra l’Amante (il Padre) e l’Amato (il Figlio). Come è stato arduo giungere alla definizione della divinità dello Spirito, dichiarata poi solennemente dal Concilio di Costantinopoli nel 381.
La solennità di Pentecoste è l’occasione per la Chiesa e per ogni discepolo di rimettere al centro della propria esperienza di fede la persona speciale dello Spirito Santo, sotto la guida della Parola, della liturgia, della testimonianza di chi dallo Spirito si è lasciato plasmare profondamente e totalmente.
Il racconto degli Atti degli Apostoli che narra l’esperienza pentecostale conserva sempre una straordinaria vitalità. Lo Spirito, che a dato inizio alla predicazione di Gesù, ed è lo stesso Spirito che dà inizio alla predicazione della Chiesa. Anzi, è lo Spirito che genera la Chiesa, che nasce proprio a Pentecoste, nel Cenacolo di Gerusalemme. Due sono le immagini che San Luca usa per descrivere lo Spirito: il vento e il fuoco. Un vento impetuoso, forte, sconvolgente, e un unico fuoco che si divide in diverse fiammelle, che si vanno a posare sul capo degli Apostoli.
Il vento che scuote le mura e invade il Cenacolo esprime la forza dello Spirito che scuote la “casa del cuore” dal torpore e dalla paura, introducendo un’aria di novità e di purificazione. Il fuoco invece, illumina e riscalda, disperde le tenebre, si posa su ciascuno e fa ardere il cuore. Lo Spirito diventa quindi potenza che agisce nel cuore degli Apostoli, che escono dal cenacolo completamente trasformati.
Il dono delle lingue, oltre che esprimere la realtà carismatica che lo Spirito suscita nella e per la Chiesa, diventa quasi il segno dell’universalità della predicazione e dell’annuncio della salvezza. La dispersione delle lingue, che troviamo raccontata nell’episodio genesiaco della torre di Babele, viene qui superata dalla unificazione delle lingue e dei cuori che lo Spirito Santo opera, proprio nel momento in cui la Chiesa inaugura la sua missio ad gentes, il messaggio delle «grandi opere di Dio».
Allo stesso modo, le parole di Paolo ai Corinzi, tratteggiano un altro piccolo “ritratto” dello Spirito, attraverso alcune azioni che Paolo gli attribuisce. C’è anzitutto un’azione rivelativa dello Spirito, che convince l’uomo dell’identità e della Signoria di Gesù: «Nessuno può dire: “Gesù è il Signore”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo». Quasi a dire: nessuno può riconoscere e professare Gesù come Signore della propria vita senza l’intervento diretto ed interiore dello Spirito. In secondo luogo, lo Spirito è ricordato per la diversità dei carismi che effonde per il bene comune, per l’edificazione della Chiesa. Quindi Paolo richiama la realtà del Battesimo, che è immersione nel mistero e nella vita di Dio proprio attraverso lo Spirito.
È lo Spirito Santo l’unica vera e viva acqua capace di estinguere quella sete profonda che ogni uomo si porta dentro, spesso nell’incapacità stessa di coglierla oppure non riconoscendola neanche. Paolo ci conferma che siamo già dissetati dallo Spirito, quindi non ha senso cercare altre fonti per rispondere a quel bisogno d’amore incessante che costituisce la più intima essenza dell’uomo, chiamato all’amore, amore ricevuto e amore donato nella condivisione.
È significativo, in ultimo, che nel Vangelo Gesù rivolge ai discepoli l’appello «Ricevete lo Spirito». Lo Spirito infatti non va solo invocato, ma soprattutto accolto. Egli dono perfetto del Padre e del Risorto, interpella la nostra libera scelta nell’accogliere la sua presenza e la sua azione. Solo facendogli spazio in noi, lo Spirito ci convince di peccato, ci fa entrare nella salvezza, sperimentare la riconciliazione e vivere nella pace. Proprio perché lo Spirito è l’Amore stesso. Ed è proprio l’Amore il nostro unico ed essenziale bisogno.