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L’Ortobene
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Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Recipe te ad haec tranquilliora, tutiora, maiora: «Ritirati presso dimensioni più tranquille, più sicure, più grandi». Si tratta di una espressione tratta dal De brevitate vitae del latino Seneca (4 a.C. – 65), opera che potremmo definire come una vera e propria «vivendi ac moriendi scientia» ovvero «l’arte del vivere e del morire». Vi sitratta infatti il tema importante relativo alla riflessione su quanto sia breve la vita di ognuno di noi. Seneca ci esorta a godere al massimo la nostra permanenza sulla terra e ad apprendere al meglio l’arte del vivere e del morire. All’interno del De brevitate vitae si affronta la tematica del tempo, della vita e della morte. Troppo spesso gli uomini non usufruiscono del proprio tempo nella maniera adeguata e perciò rimpiangono di averne troppo poco a disposizione. Il filosofo esorta il lettore a fare buon uso degli istanti che gli sono concessi, in modo da vivere al meglio delle proprie possibilità e non avere rimpianti una volta giunto alla fine. Tale concetto è riassunto dalla definizione sopra espressa: «vivendi ac moriendi scientia», dove il saper vivere e il saper morire sono definiti una vera e propria scienza, una dottrina, che deve essere appresa a poco a poco. Seneca sostiene che per fare ciò sia necessario non solo amare le virtù, ma anche e soprattutto metterle in pratica; pensiero indubbiamente di matrice stoica. Ciò si realizza attraverso una attenta riflessione interiore. Con il termine inspicere l’autore invita ad una riflessione profonda e ad un’autoanalisi critica, essenziali per comprendere le proprie capacità e limiti, soprattutto prima di prendere decisioni importanti. Questa comprensione autentica aiuta a evitare errori di valutazione e a riconoscere sia le competenze che le debolezze personali. In sintesi, inspicere è fondamentale per il successo personale e professionale, promuovendo un’analisi sincera e un’azione consapevole, continuando ad imparare costantemente, poiché solo così si ha la possibilità di progredire e crescere come individui.
È necessario quindi rivolgere il proprio animo ad meliora, ovvero, a dimensioni più elevate di quella terrena: solo così saremo in grado di raggiungere la pace, e la scientia di godere della vita, ma anche di saperci congedare da essa con un sorriso in volto. Non dovremmo pertanto trascorrere la nostra esistenza nell’agitazione e nel turbamento dell’animo, al contrario dovremmo cercare di vivere in pace con noi stessi e con gli altri. Non dovremmo sprecare neanche un solo secondo della nostra vita, né perdere tempo a discutere, dovremmo vivere ogni esperienza come se avessimo desiderato che ci accadesse, dimostrando ogni giorno il nostro affetto ai cari, perché un giorno potrebbero non essere più qui con noi. Dunque, viviamo al massimo la nostra vita e così, quando arriverà il momento fatale, ci sentiremo soddisfatti di ciò che abbiamo lasciato in questo mondo, del ricordo che rimarrà di noi, sentiremo di aver raggiunto l’obiettivo e niente più avrà importanza. Se riconoscessimo che tutto è transitorio, probabilmente vivremmo ogni giorno appieno senza sprecare nemmeno un minuto del nostro prezioso tempo. Appare significativo il fatto che l’autore invita alla riflessione su sé stessi rivolgendosi al lettore con il pronome tu, preferendo dunque il discorso diretto, in modo da essere più convincente e stimolare l’interlocutore. Il tono si colloca nella dimensione colloquiale e confidenziale che Seneca riesce a costruire, tentando, con successo, di instaurare un rapporto intimo, personale e diretto con il dedicatario e, di conseguenza, con il lettore, per riuscire a raggiungerlo e a colpirlo nel profondo del suo animo. Sembra quasi riprendere lo γνῶθι σεαυτόν greco, il conosci te stesso, una esortazione a partire dal dialogo interiore, dalla conoscenza di chi si è veramente, per poi raggiungere una sorta di equilibrio, foriero di felicità e serenità interiore, quella che si può riacquistare distaccandosi dalle preoccupazioni, dalle curae, dalle ansie e dagli affanni a cui la vita ci sottopone, dal momento che «molto di buone opere ti attende in questo genere di vita». Solo intraprendendo un viaggio interiore che ci spinge a metterci in discussione e ad analizzare noi stessi in modo oggettivo possiamo raggiungere il traguardo di una sempre maggiore consapevolezza di noi stessi. Non c’è certezza che si possa raggiungere questo obiettivo, poiché è un viaggio di cui conosciamo l’inizio ma non la fine; tuttavia dovremmo apprezzare l’opportunità che ci viene data, che si rinnova ogni giorno e ci permette di migliorare ciò che non funziona.
Nei suoi scritti, Seneca ricorda spesso al lettore la necessità di una vita serena e semplice, dedita non ai beni e alle fatiche terrene, ma alla propria interiorità. Ciò è possibile solo rivolgendo la propria mente verso una sfera trascendentale («vis tu relicto solo mente ad ista respicere!»), una dimensione cui l’uomo, destinato a conoscere qualcosa di più grande, può solo accostarsi senza pretendere di entrare, guidato dalla filosofia che tuttavia non va solo amata, ma anche applicata nel concreto durante le interazioni interpersonali: significativa in questo senso l’espressione «amor virtutum atque usus» che fa riferimento all’amore per le virtù ma anche al concreto esercizio delle stesse. Seneca, usando queste parole, fa riferimento ad un concetto tanto importante quanto attuale: dire ed agire. Non è sufficiente solo amare o dire di amare le virtù, ma è necessario anche fare uso di queste, dimostrare con i propri atti che tale amore non consiste in mere parole al vento, ma è un valore che è realmente insito in noi stessi, che sappiamo fondamentale per arrivare ad una vita serena. Una cosa è dire di amare le virtù ed una è usarle quotidianamente nella nostra vita. Le parole di Seneca, che legano le considerazioni sul tempo alle riflessioni sulla necessità per l’uomo di valorizzare la propria interiorità, spesso sono rivolte ad amici e persone care, ma sono in realtà valide per il lettore di ogni tempo, e sono perciò un insegnamento al quale ancora oggi dovremmo fare riferimento, concentrandoci sulla possibilità di vivere una vita serena e felice, per noi e per chi ci sta intorno.
A cura degli alunni della classe V C del Liceo Classico “G. Asproni” di Nuoro: Sofia Cabitza, Chiara Concu, Lucianna Delogu, Clara Ena, Maria Grazia Rita Goddi, Mariantonietta Lai, Beatrice Loi, Yuliana Usai, Lucia Tola.
Coordinamento didattico: Venturella Frogheri